Un saggio di Roberto Vanzetto che spiega in modo semplice e chiaro la differenza tra scienze e pseudoscienze, insegnando a difendersi dal rischio di essere raggirati dai tanti truffatori e venditori di fumo che lucrano sulla buona fede e la credulità della gente.
1. La pseudoscienza e le mosche travestite
Dal Dizionario Zingarelli vediamo che la parola pseudoscienza è in uso dal 1932 e significa «Teoria, disciplina e simili, alla quale si attribuisce carattere scientifico pur non avendo i requisiti, specialmente metodologici, propri delle scienze». La parola scienza è preceduta da “pseudo”, dal tema pséudein mentire, dire il falso. Il termine pseuodoscienza ha quindi un esplicito connotato negativo: significa “falsa scienza”. Falsa perché, pur presentandosi come scienza, non usa lo stesso metodo. E, di conseguenza, non ottiene gli stessi risultati.
Distinguere una scienza da una pseudoscienza è concettualmente facile: basta controllare i risultati che si ottengono. Nella pratica, però, la distinzione può essere molto difficile, perché le pseudoscienze hanno un collaudato sistema di manipolazione, selezione e presentazione dei risultati, fatto apposta per persuadere il pubblico sulla loro efficacia.
Sono un po’ come quelle mosche che hanno assunto l’aspetto delle api per essere temute e rispettate da insetti e predatori. Il loro travestimento ha molto successo, ma vediamo che tipo di miele sono capaci di fare.
2. Il cuore paranormale delle pseudoscienze
Le pseudoscienze hanno un forte legame con il mondo del paranormale. Una somiglianza immediata è dovuta ai risultati straordinari che promettono, ma c’è un collegamento più intimo.
Il mondo del paranormale prevede l’esistenza di energie misteriose, vibrazioni, legami occulti, capacità extrasensoriali. Le pseudoscienze, sotto lo spesso strato di tecnicismi con cui si avvolgono, rivelano un nucleo fatto di energie misteriose e sensibilità particolari, esattamente come accade per i fenomeni paranormali.
Il legame vale anche all’inverso: il paranormale che da sempre riguarda la sfera della superstizione e della magia, da tempo sente il bisogno di presentarsi come qualcosa di scientifico e di tecnologicamente avanzato, per essere meglio accettato dalla società moderna.
Facciamo due esempi. Accanto al classico rabdomante che usa una bacchetta di legno e le sue particolari capacità extrasensoriali per scoprire dove si trova l’acqua, si affacciano alla ribalta apparecchi e congegni elettronici che vengono venduti allo stesso scopo. Di essi i rispettivi produttori assicurano funzionamento e risultati scientifici. A fianco della classica Smorfia, usata da tempo per prevedere i numeri da giocare al Lotto, sono divenuti disponibili numerosi metodi, definiti scientifici dai loro inventori, che promettono vincite matematicamente sicure.
Esploriamo le pseudoscienze partendo da questo loro cuore paranormale: cominciamo quindi col discutere cosa si intende per “fenomeno paranormale”.
3. Fenomeni paranormali: due tipologie
I fenomeni paranormali, o meglio le affermazioni che vengono fatte al loro riguardo, si possono schematicamente suddividere in due gruppi; chiamiamoli “leggeri” e “pesanti”.
Fenomeni paranormali “leggeri”: affermazioni circa fatti che possono apparire strani o fuori dal comune, ma non contrastano con alcuna legge naturale conosciuta. Questi sono fenomeni che accadono effettivamente, la loro paranormalità dipende però esclusivamente dall’interpretazione che ne viene data.
Fenomeni paranormali “pesanti”: affermazioni circa fatti che non solo appaiono strani, ma si troverebbero in contrasto con una o più leggi naturali conosciute. Questi fenomeni, se si verificassero realmente, permetterebbero di fare un enorme passo avanti nella conoscenza della natura e della mente umana.
In ogni caso, l’essere un fenomeno di un tipo o dell’altro, dipende sempre dalla spiegazione che si vuol dare. Un esempio è la bilocazione, che può o meno contrastare con le leggi della natura a seconda di come la si interpreta.
3.1 Fenomeni paranormali “leggeri”
Le affermazioni riguardo questo tipo di fenomeni si riferiscono a fatti che accadono realmente. Ecco qualche esempio. C’è una macchia sul pavimento che assomiglia a un volto umano. Un bicchierino, toccato da alcune dita, si sposta sulla superficie di un tavolo. Veniamo svegliati dal telefono, andiamo a rispondere e sentiamo proprio quella persona che stavamo sognando e che non vedevamo da tanto tempo. Queste sono cose che succedono, fatti piuttosto comuni che capitano un po’ a tutti. Si tratta però di fenomeni che non contrastano con le legge naturali conosciute. Nessuna legge fisica, per esempio, impedisce che una macchia in un pavimento possa avere la forma di un volto umano, o anche di un coniglietto o di qualsiasi altra cosa. Anzi, il nostro senso della percezione tende proprio a riconoscere forme e oggetti ogniqualvolta si trova di fronte a qualcosa di confuso e privo di senso. Nessuna legge fisica vieta che un bicchierino si possa muovere se toccato con le dita. Anzi, data la presenza delle dita, a cui si presume siano attaccate delle braccia, risulta difficile per un bicchierino restarsene fermo a lungo. Nessuna legge di natura vieta infine che una persona possa telefonarvi proprio nel momento in cui la stavate pensando.
Nonostante l’origine naturale, questi fenomeni possono avere un impatto psicologico rilevante, ed essere così vissuti come autentici fenomeni paranormali. Nelle riviste di parapsicologia si trovano interessanti spiegazioni al loro riguardo.
Per esempio, una macchia di sporco su un pavimento o su un muro, che somigli a un volto umano, può venire interpretata come fenomeno di psicoplastìa, cioè di contatto fantasma-pavimento o fantasma-muro, generato dalla focalizzazione energetica mentale delle onde provenienti dal passato. Non addentriamoci nei termini con cui si possono descrivere le nuvole che somigliano a un cavallino.
Il movimento del bicchiere toccato dalle dita segue la seconda legge della dinamica di Newton: l’accelerazione è proporzionale alla somma delle forze esercitate. Tale movimento non va ovviamente confuso con la psicocinesi (fenomeno paranormale del secondo tipo, che contrasterebbe con le leggi della natura), dove lo spostamento dovrebbe verificarsi senza l’utilizzo delle dita.
Il terzo esempio riguarda eventi che, a causa del loro impatto psicologico e della loro rarità, possono venire ricondotti alla sfera del misterioso e del paranormale, come i sogni premonitori o le strane coincidenze. Questi fenomeni, pur essendo comuni nella vita di tutti i giorni, possono essere interpretati in chiave occulta. Questo è un punto importante, perché si può credere al paranormale non per sentito dire o per superstizione, ma per diretta esperienza personale. Fatto questo passo, il successivo è quello di accettare anche il resto. Queste esperienze fungono da vera e propria porta d’accesso alla credenza dei fenomeni paranormali veri e propri.
3.2 Fenomeni paranormali “pesanti”
Consideriamo ora i fenomeni che contrasterebbero realmente con le leggi della natura. Sono questi che si trovano alla base di molte pseudoscienze. Il nocciolo duro è costituito dalle capacità extrasensoriali, come chiaroveggenza e telepatia, e dalla psicocinesi, cioè dalla capacità di muovere gli oggetti con il pensiero. Se esistesse una persona capace di far muovere un oggetto con la forza pensiero, per esempio piegare un cucchiaino o sollevare uno stuzzicadenti, si verificherebbe l’esistenza di una nuova forza in natura. Più in generale la prova dell’esistenza di questi fenomeni costituirebbe un enorme passo avanti nella conoscenza del mondo e di noi stessi. Cambierebbero completamente la concezione della fisica, della chimica, della biologia, della medicina, della scienza in generale.
I mass-media ne parlano con entusiasmo, ponendo a volte l’accento sulla mancanza di una loro spiegazione scientifica. Il fatto che tali fenomeni accadano, e quindi esistano, viene dato per scontato. Ci sono i testimoni, anche oculari. E sono tutte persone a posto, che non si inventano le cose. Il problema resta quindi solo quello della spiegazione. Questo e altri luoghi comuni sulle pseudoscienze, come vedremo, portano molte persone a ritenere che vi sia qualcosa di vero.
3.2.1 Il campo scettico e la legge del paranormale
Cosa c’è di vero nei fenomeni paranormali? Qual è lo stato della ricerca scientifica in questo campo? Ad alcuni potrà sembrare strano, ma dal punto di vista sperimentale (quindi non aneddotico) si sta ancora attendendo la dimostrazione dell’esistenza di almeno uno di questi fenomeni. Almeno uno, almeno una volta. Fino a oggi, dopo parecchi decenni di osservazioni, indagini e ricerche, dal mondo del paranormale non è ancora uscito un fenomeno concreto, verificabile sotto controllo.
Si è nel frattempo scoperta una legge empirica interessante: a mano a mano che i controlli crescono i fenomeni paranormali tendono a scomparire. A controllo nullo corrisponde una copiosa produzione di fenomeni paranormali, mentre a controllo cento corrisponde una produzione di fenomeni paranormali pari a zero. Questo fatto ha portato a teorizzare l’esistenza di un campo scettico (un po’ come il campo magnetico o il campo gravitazionale). Il campo scettico sarebbe generato dalle persone scettiche che sono presenti alle verifiche o ai controlli: sotto l’influenza di tale campo, anche le persone più dotate di capacità extrasensoriali (per intenderci, quelle che producono fenomeni paranormali a comando, anche otto ore al giorno tutti i giorni, come i guaritori che operano a mani nude smaterializzando e rimaterializzando materia) non riescono più a realizzare fenomeni e si comportano, stranamente, allo stesso modo degli altri esseri umani più comuni.
La situazione è triste. Vediamo due esempi di come dovrebbero essere prodotti dei veri fenomeni paranormali. Primo: un oggetto comincia a muoversi a causa della sola forza del pensiero di una persona dotata di capacità paranormali (psicocinesi). Secondo: un santone indiano si solleva da terra e rimane fermo a mezz’aria senza alcun punto d’appoggio (levitazione). Ecco invece come vengono effettuati questi due fenomeni paranormali: si muove un oggetto, senza toccarlo, e si dice di aver utilizzato la forza del pensiero (ci sono molti modi ingegnosi per farlo e gli effetti sono strabilianti); si spegne la luce, si crea un’atmosfera e poi si dice sto levitando, sto levitando (interessante il caso del chimico Luigi Garlaschelli, ricercatore del Cicap, che secondo un quotidiano veneto nel 1999 sarebbe riuscito a levitare in un teatro, senza nemmeno abbassare le luci, di fronte a moltissimi testimoni).
La prova che esiste almeno un fenomeno paranormale genuino, da non considerarsi fenomeno naturale male interpretato, leggenda, trucco, truffa o suggestione, si fa attendere veramente da moltissimi anni. E per chi riuscirà nell’impresa c’è un premio in palio.
4. Il ruolo dei prestigiatori nelle indagini e nei controlli
Anche i fenomeni paranormali più strabilianti scompaiono quando vi sono dei controlli adeguati, in particolare quando al controllo partecipano anche degli esperti prestigiatori. Finora nessun sensitivo, veggente, telepate, o qualsiasi capacità paranormale si attribuisse, è mai riuscito a dimostrare sotto controllo di avere poteri paranormali. Ricordiamo che col termine dimostrazione non si intende “trovare qualcuno che ci crede” o “trovare qualcuno che dice che è vero”. Altrimenti di dimostrazioni ve ne sarebbero a iosa. Per dimostrazione si intende verificare sperimentalmente che qualcosa accade, con metodo scientifico. Oppure con metodo sportivo, se preferite. Non basta dire che si sono corsi i 100 metri in 6 secondi, e sperare così, creduti sulla fiducia, di ottenere la medaglia e il primato mondiale. Bisogna accettare la prova sportiva, sotto il controllo di un cronometro.
Potrebbe sembrare strano, a prima vista, che non bastino scienziati, psicologi o medici per indagare questo tipo di fenomeni o l’efficacia di certe pseudoscienze. Purtroppo negli esperimenti di parapsicologia capita molto facilmente che i sedicenti sensitivi cerchino di imbrogliare lo sperimentatore per ottenere buoni risultati. Gli scienziati, abituati ad avere a che fare con fenomeni naturali, non hanno l’abilità né l’esperienza per evitare un inquinamento delle prove. (Ne è un esempio lampante quanto accaduto nel Progetto Alpha.)
I prestigiatori invece, che proprio per mestiere imbrogliano (onestamente) il loro pubblico, sono le persone più adatte per assicurare certe condizioni di controllo. Ed è a dir poco rivelatore il fatto che i sensitivi perdano completamente ogni loro abilità non appena si trovano di fronte a un prestigiatore, tanto che esiste un premio in denaro, proposto proprio da un prestigiatore: la sfida di Randi.
4.1 La dimostrazione non serve
Nella maggior parte dei casi né i presunti sensitivi né i fautori di diffuse pseudoscienze hanno raccolto la sfida di Randi. E dal loro punto di vista non hanno affatto torto: il successo commerciale è assicurato lo stesso, quindi la dimostrazione non serve, è un di più del tutto inutile.
Bisogna tenere presente che il giro d’affari delle pseudoscienze non è minimamente legato a garanzie, prove o dimostrazioni. Facendo leva sulla superstizione, sulla creduloneria e sulla confusione con le vere discipline scientifiche il successo arriva per vie che non hanno affatto bisogno di dimostrazioni scientifiche.
5. Cinque luoghi comuni sulle pseudoscienze
Le pseudoscienze, così come i presunti fenomeni paranormali, vengono difese da molte persone attraverso considerazioni che sono divenute col tempo via via sempre più diffuse e comunemente accettate. Si tratta di considerazioni che hanno il vantaggio di apparire di primo acchito molto azzeccate, dettate dal buon senso e universalmente condivisibili. Invece nascondono tranelli logici. Vediamone alcune.
5.1 La scienza non accetta l’esistenza dei fenomeni che non riesce a spiegare
Il principale luogo comune in difesa dei fenomeni misteriosi o paranormali, su cui poggiano le basi le più disparate discipline pseudoscientifiche, afferma che la scienza rifiuta l’esistenza di un fenomeno quando non lo sa spiegare. La verità è però completamente diversa: La scienza non riesce a trovare alcun vero fenomeno paranormale da spiegare. Gli scienziati infatti non solo accettano, ma proprio per passione e per lavoro cercano continuamente l’esistenza di nuovi fenomeni, i quali, ovviamente, essendo nuovi non possono essere già spiegati. Se così non fosse, non ci sarebbe alcun progresso scientifico e il sapere umano sarebbe fermo ai secoli passati. Ci sono molti fenomeni, scoperti dalla scienza, che ancora attendono una spiegazione. Ma nessuno si sognerebbe di dire che per questo motivo non esistono.
Non ha alcun senso spiegare un fenomeno che non è ancora stato osservato: sarebbe come cercare di spiegare come facciano le mucche a volare così in alto, librandosi leggiadre nel cielo, nonostante siano sprovviste di ali e pesino parecchio. Prima di avventurarsi in complesse modifiche alle equazioni della aerodinamica o alla legge di gravitazione universale di Newton, pare sensato accertarsi che ci sia almeno una mucca che vola. La conoscenza di un fatto nuovo precede per forza la sua eventuale spiegazione: prima si osserva un fenomeno e poi se ne cerca (e non è detto che si riesca a trovare) la spiegazione. Invece le pseudoscienze invertono quest’ordine e si mettono a costruire teorie per spiegare fenomeni che non sono mai stati osservati. Per quanto strano possa sembrare, questo modo di ragionare fa ancora molto presa e così si continua a pensare che la scienza respinga a priori dei fatti veri solo perché non sarebbero spiegabili con le attuali conoscenze. È invece sempre stata l’osservazione di fatti nuovi, non spiegati a far evolvere le teorie scientifiche.
5.2 Se tanta gente ci crede ci dev’essere qualcosa di vero
Con questa affermazione si decide che una cosa è vera, o ha qualcosa di vero, quando abbastanza gente ci crede. È un modo di ragionare che, commercialmente parlando, funziona benissimo e ha fatto diventare di moda, per esempio, le medicine alternative. Partendo dal presupposto che se tanta gente pensa così allora ci deve essere un buon motivo, si possono sviluppare credenze di qualsiasi tipo, totalmente prive di fondamento o riscontri oggettivi, che si autoalimentano per passaparola e suggestione. Con questo meccanismo, per esempio, si è intrapresa la caccia alle streghe e si sono giustificate le leggi razziali. La verità invece è che ci può benissimo essere tanta (e anche tantissima) gente che crede a qualcosa, senza che questo basti a rendere vero, anche solo in parte, quel qualcosa. L’astrologia è solo l’esempio più facile, ma i casi sono moltissimi. Nei tempi passati, e ancor oggi in certi paesi, la maggior parte delle persone era convinta che la donna fosse un essere inferiore all’uomo. Se tanta gente ci ha creduto, è perché c’è qualcosa di vero?
5.3 È vero, ci sono tanti imbroglioni, ma il dieci percento…
Questo ragionamento è essenziale per salvare maghi, cartomanti e pseudoscienze. Può anche essere espresso dal proverbio «Non far di tutta l’erba un fascio». E come tutti i proverbi, se applicato alla lettera, diventa un luogo comune. Di fronte a certe notizie della cronaca anche le persone più credule, ingenue o superstiziose non possono non notare quali fregature e quali truffe minaccino il cliente/consumatore.
Quando un sensitivo è scoperto a imbrogliare, non era il nostro sensitivo; quando un mago è scoperto a plagiare un cliente, non era il nostro mago; quando un medico alternativo mette in pericolo la salute di un povero credulo non si tratta del nostro medico alternativo o magari non si tratta della nostra medicina alternativa preferita; quando le affermazioni di un astrologo risultano false non era il nostro astrologo e così via.
Così si potrà sempre dire: «Il mondo delle pseudoscienze è pieno di imbroglioni, ed è bene smascherarli, ma non si può dire che sono tutte bugie: il dieci percento sono autentici...»
Il problema è questo: come si fa a calcolare la percentuale del 10%? Per esempio, nel caso dei fenomeni paranormali e dei sensitivi, in base a quale ragionamento si può fissare la percentuale di casi veri fra i casi falsi, quando non è disponibile un solo caso vero? Se non si trova un solo caso di mago capace di vedere il futuro, di lottologo capace di prevedere i numeri del Lotto, di guaritore in grado di dimostrare di avere i poteri che millanta, come si fa ad arrivare al dieci percento, o anche soltanto l’un per un miliardo?
5.4 Non può essere un trucco, non ho visto nessun trucco
Questa affermazione è spesso fatta con risentimento dall’eventuale testimone oculare che vede messa in dubbio la sua deposizione riguardo alla performance di un medium, di un rabdomante, di un guaritore a mani nude o altro. Ma se un trucco c’è stato, è giusto che non si sia visto. Altrimenti che trucco sarebbe?
5.5 Non si può misurare tutto
Un altro luogo comune che viene portato a difesa delle discipline pseudoscientifiche è il fatto che non si può misurare tutto. Questo discorso viene proposto anche per spiegare come mai i fenomeni paranormali sfuggano (o più precisamente scompaiano) non appena si attua nei loro confronti un controllo o una verifica sperimentale (vedi Il campo scettico e la legge del paranormale). La colpa del bizzarro comportamento dei fenomeni paranormali sarebbe quindi dovuta alla non misurabilità di gran parte del mondo che ci circonda.
Che dire? Se è certamente vero che non si può misurare tutto, è altrettanto vero che le pseudoscienze, per i fenomeni che promettono e per come vengono descritte e propagandate, ricadono appieno nel campo delle cose misurabili. Anzi, se qualcosa di quello che prevedono si verificasse realmente, sarebbe quanto di più facile da misurare.
Per esempio, se i guaritori a mani nude fossero veramente in grado di smaterializzare della materia da un punto e rimaterializzarla in un altro punto come affermano, oppure se i maghi televisivi fossero realmente in grado di predire i numeri del Lotto come assicurano, allora… che cosa ci sarebbe di così difficile nell’eseguire una misura, un controllo? Se però, nell’atto di misurare tali capacità si notasse sulla mano del guaritore il trucco dei guaritori filippini, oppure si notasse che i numeri previsti dai maghi escono con probabilità identiche di quelli tirati a caso, cosa si dovrebbe concludere? Che queste due discipline sono talmente sottili da non essere misurabili? Tutt’altro: si pongono, per come sono formulate, proprio nel campo del misurabile. Proprio per questo ha senso renderle oggetto di indagine.
6. Quante sono le pseudoscienze?
Torniamo alle pseudoscienze. Quante sono? È difficile fare un elenco completo, perché a partire dai fenomeni paranormali e dalle credenze più disparate si possono ottenere moltissime varianti. Per esempio nel campo della previsione del futuro troviamo l’astrologia, la veggenza, la lettura della mano, la lettura dei fondi di caffè e molto altro. Nell’ambito delle energie misteriose troviamo la rabdomanzia, i nodi di Hartmann, il malocchio. Nell’ambito della medicina si ha davvero l’imbarazzo della scelta: ci si può curare con la cristalloterapia, la pranoterapia, l’omeopatia, la radiestesia… Non c’è limite alla fantasia umana, è ovvio. Più che catalogare è importante capire qual è il metodo delle pseudoscienze, in modo da sapere come distinguere una scienza da una pseudoscienza a partire dal metodo.
Il numero delle pseudoscienze è virtualmente infinito. Un gioco divertente, da fare la sera con gli amici, è quello di cercare di inventarsi una pseudoscienza nuova.
6.1 Inventa la tua pseudoscienza
Si può fare il seguente gioco in più persone, anche dividendosi in gruppi. Una persona alla volta propone una pseudoscienza che ritiene nuova e originale. Fatta la proposta, gli altri cercano di trovare dei precedenti storici per dimostrare che l’idea è già stata sfruttata. Vince chi riesce a proporre la pseudoscienza nuova più originale (e comunque, basata su una teoria che non sia ancora stata utilizzata).
Anche spiattellando le cose più assurde e improbabili, molto spesso si resta delusi e si finisce per ammettere che qualcun altro ci ha già pensato prima. Anzi, non solo ci ha già pensato, ma magari ha anche già strutturato la disciplina con regole ufficiali, vanta numerosi clienti soddisfatti, e ha già venduto l’idea all’estero. Ecco come potrebbe svolgersi la conversazione fra Sabrina e le sue amiche, che hanno deciso di cimentarsi nell’impresa.
— Dai Sabrina, tocca a te. Cos’hai pensato?
— Mi è venuta in mente una cosa davvero assurda… è così schifosa e repellente, che non credo proprio possa esistere già.
— Cos’è? Un nuovo modo di prevedere il futuro? O di capire la personalità?
— No, no, è una nuova medicina alternativa: ci si deve curare con gli escrementi. Capito? Gli escrementi… E guarisce ogni tipo di disturbo. La ricetta è questa: più si sta male, più bisogna farsi ricoprire di…
— Ah-ha! Scusa se ti interrompo, ma esiste già una cosa simile. Si chiama urinoterapia: ci si cura con l’orina. Ed è peggio che esserne ricoperti, bisogna berla.
— Mi state prendendo in giro.
— Ma che dici? Funziona benissimo! Migliaia di pagine in Internet, conferenze mondiali… Mi dispiace, ma hai perso.
7. La simbiosi fra stampa e pseudoscienza
Il fatto che le pseudoscienze non riescano a dimostrare di funzionare, sembra essere sconosciuto alla maggior parte dei giornalisti che scrivono sulla materia. In un modo o nell’altro mostrano di tenere in considerazione le credenze dell’astrologia quanto le scoperte dell’astronomia. La stampa dà largo spazio agli operatori dell’occulto e pubblica a volte come reportage propagande pubblicitarie di medicine alternative e altro.
Noi lettori siamo a martellati da un’informazione troppo spesso acritica, in cui vengono spacciati per veri dei fenomeni che non sono mai stati provati. Questa prassi viene probabilmente mantenuta viva soprattutto per il fatto che a scrivere sul paranormale, nelle redazioni dei giornali, è sempre il cosiddetto esperto del campo, che tipicamente è un attivo sostenitore di queste credenze. Oltre a ciò vi è da considerare anche l’elevato ritorno economico che queste storie portano. Le notizie paranormali, infatti, sono meravigliose e solleticando la curiosità dei lettori agiscono come specchietto per le allodole. In sostanza fanno vendere più copie. La gente le apprezza e la stampa le dà.
Un ulteriore freno all’onestà della comunicazione è il problema della smentita. Non c’è da meravigliarsi allora, se gli italiani spendono per il consulto di maghi e veggenti più soldi che per acquistare la carne. Tutto questo è profondamente diseducativo. Alla lunga, il credere alle promesse della pseudoscienza, bevendosele tutte, non porta solo a un abbassamento della cultura e della civiltà, ma può avere, a causa della perdita di spirito critico e di analisi razionale, pericolose ripercussioni sociali e politiche.
7.1 Il problema della smentita
Uno dei problemi principali dell’informazione nell’ambito delle pseudoscienze e del paranormale (ma presente anche in altri settori) è che la smentita di un fatto già presentato come vero non fa quasi mai notizia. Le notizie curiose o fantastiche hanno forte impatto e grande risonanza. Poi, se dovessero risultare false a un esame delle fonti e delle prove, e se la redazione del giornale decidesse (caso raro) di avvertire i lettori, la smentita si potrebbe trovare nascosta fra pagina 30 e pagina 40 in un riquadro di qualche centimetro di lato.
Non serve essere guru della TV o del giornalismo per capire che la smentita può raggiungere soltanto una piccolissima parte delle persone che erano state precedentemente male informate. Così molti fatti falsi vengono gridati e spacciati per veri ogni giorno, generando leggende metropolitane e radicando credenze irrazionali. Si pensi alle previsioni degli astrologi, che occupano pagine intere dei giornali sul finire di dicembre di ogni anno. La verifica di quello che azzeccano (davvero istruttiva) passa con molto meno clamore. Se voi organizzaste una festa e poi decideste di annullarla, avvertireste solo l’uno per cento degli invitati?
Ecco alcuni esempi di notizie che hanno avuto per lungo tempo una grande eco nei mass-media e sono poi state smentite con molto minor chiasso.
Il mostro di Loch Ness era un trucco (confessione di uno dei tre autori).
I cerchi nel grano ‘sicuramente non fatti da mano umana’ erano fatti coi piedi da due pensionati inglesi (confessione e dimostrazione pratica degli autori).
Un caso emblematico: molti giornali italiani, nell’estate del 1996, hanno pubblicato la storia di un ragazzo che sarebbe risorto dalla morte cerebrale dopo che la macchina che lo ossigenava era stata spenta. Si è saputo poi che il ragazzo era invece uscito da un coma, non dalla morte, e che il macchinario era stato spento dopo che aveva ripreso a respirare da solo, non prima. La cosa più triste è che la notizia, falsa, venne divulgata dai giornali nonostante la smentita fosse giunta per tempo nelle redazioni. Forse la nostra stampa non ha voluto perdere la ghiotta occasione di vendere più copie raccontando una storia meravigliosa e commovente. È possibile. Pochi però si sono accorti che questi introiti sono stati indirettamente pagati con la vita di alcune persone. Quali persone? Quelle che aspettavano urgentemente una donazione di organi, dato che a partire da quella settimana c’è stato un crollo di donazioni.
8. La buona fede pericolosa
Esistono i maghi-guaritori in buona fede? Certamente sì, e forse sono la maggioranza. Molte persone si convincono di avere dei poteri paranormali di tipo divinatorio (credono di prevedere il futuro) o taumaturgico (credono di curare le malattie). Costoro, in alcuni casi, possono essere in totale buona fede: infatti prevedere il futuro in termini vaghi è estremamente facile, e guarire certi malati è ancora più facile. I maghi che invece non possono essere in buona fede sono coloro che affermano, e spesso dimostrano agli occhi dei clienti, di saper materializzare qualcosa dal nulla o di produrre altri fenomeni paranormali. In questo caso è necessario utilizzare dei trucchi, consapevolmente. Per esempio, tirar fuori dalla manica un oggetto metallico arrugginito dicendo che è il prodotto del malocchio subìto dal proprio cliente, richiede l’intenzione deliberata di truffare.
Bisogna tuttavia fare attenzione anche ai guaritori in buona fede: essi possono essere addirittura più pericolosi dei truffatori. Un ipotetico guaritore-truffatore, essendo consapevole di non avere poteri paranormali o taumaturgici, eviterà di correre grossi rischi e in caso di grave malattia, dopo averli spennati, magari convincerà i propri clienti a consultare un medico. Il guaritore in buona fede, invece, essendo convinto di avere incredibili poteri, non saprà porsi limiti e metterà ancor più a repentaglio la salute dei suoi clienti.
9. Undici punti per distinguere il metodo della scienza da quello della pseudoscienza
Una scienza si distingue da una pseudoscienza per i risultati che ottiene: anziché essere risultati attesi, presunti, promessi o raccontati da guru o da testimoni oculari, sono risultati dimostrati, ai quali non è richiesto credere per fede. Questa differenza deriva dal diverso criterio di indagine, di ricerca e di verifica degli esperimenti e delle teorie che viene utilizzato: da una parte c’è il metodo scientifico, dall’altra la persuasione pseudoscientifica. I due metodi sono profondamente diversi, come si vede dai seguenti punti.
9.1 Collegare due fatti: il concetto di causa ed effetto, la prova e la controprova
Quando due fatti si susseguono uno dopo l’altro è importante capire se sono legati fra loro, se sono in rapporto di causa ed effetto oppure no. Se beviamo dell’acqua e poi ci passa la sete pensiamo giustamente che le due cose siano collegate. Ma se un gatto nero ci attraversa la strada e poi non vinciamo al totocalcio, c’è ancora un legame di causa ed effetto? Secondo alcune persone sì, secondo altre no. Ma come si può fare per dimostrarlo?
Una serie di prove ripetute potrebbe fornire risultati sorprendenti: si potrebbe magari scoprire che qualcuno ha vinto al totocalcio anche il giorno in cui un gatto nero gli aveva attraversato la strada. Certe volte, però, anche delle prove ripetute, che confermano una teoria, possono trarre in inganno: nella scienza esiste per fortuna il concetto di controprova, concetto che alla pseudoscienza è ignoto. Vediamo un esempio concreto, seppur ipotetico.
Immaginiamo che esista un popolo primitivo convinto della seguente teoria: Il sole è un guerriero che lotta tutto il giorno contro le tenebre per dare la luce al mondo; alla sera è stanco e ferito, sanguina, e infatti è rosso. Ha bisogno di un sacrificio umano per riacquistare le forze e risorgere il giorno seguente per illuminare ancora il mondo. Gli Aztechi credevano in qualcosa di simile e facevano numerosi sacrifici umani.
A causa di questa teoria immaginiamo che al calare della sera, tutte le sere, l’ipotetico popolo faccia un sacrificio umano per donare il sangue al sole. A dimostrazione che questa teoria è vera sta il fatto (si badi bene, il fatto, non l’ipotesi) che il giorno successivo il sole sorge effettivamente. Dunque la teoria è giusta, poiché è confermata tutti i giorni dai fatti.
Sappiamo che non è così e proviamo orrore a un simile modo di operare. In questo esempio si adattano i fatti alle teorie e non le teorie ai fatti. E questo modo di procedere è il metodo delle pseudoscienze, un metodo pre-scientifico di validazione di fatti, teorie e risultati. Quello che manca è il concetto, più sottile di quel che si crede a prima vista, di controprova. Un concetto utile a stabilire se due fatti sono correlati oppure no. Una semplice controprova è in grado di dimostrare che non esiste alcuna relazione fra la posizione dei pianeti alla nascita di una persona e il destino e il carattere di essa. Proprio come non esiste alcuna correlazione fra un sacrificio umano e il susseguente sorgere del sole. Eppure l’astrologia è ancora seguita da moltissime persone. Questo significa che moltissime persone, pur non essendo primitive, non sono in grado di ragionare per controprove.
La teoria del sole guerriero dell’ipotetico popolo non reggerebbe alla controprova più semplice: per una sera non si ammazza nessuno e poi si guarda se il sole sorge lo stesso oppure no.
9.2 Le scienze sono esplicative e predittive
Dato un fenomeno, la scienza ne analizza i meccanismi allo scopo di costruire un modello teorico utile alla previsione di comportamenti futuri. L’astronomia, per esempio, può prevedere con precisione l’arrivo di una cometa grazie al calcolo dell’orbita, oppure può prevedere sia il posto sia l’istante in cui è osservabile un’eclissi solare. Nelle pseudoscienze questo non avviene. Gli astrologi, per esempio, non prevedono nulla di preciso; fanno affermazioni ambivalenti e generiche. Sarebbe come se un astronomo dicesse: Una cometa potrebbe venire, prima o poi. Ma potrebbe anche essere un asteroide. E forse passerà di qui, forse di là. Ma non è detto che si veda. E comunque, se uno non ci crede, non potrà vederla. Siamo al livello di: La prossima estate farà caldo, i nati sotto il segno del leone saranno generosi, in luglio i pesci cambieranno idea riguardo a qualcosa. Si può considerare predittiva una cosa del genere?
9.3 Le pseudoscienze selezionano i risultati falsando le loro statistiche
Uno dei metodi più utili alle pseudoscienze per far presa sulla gente, è quello di falsare le statistiche riportando una serie di risultati clamorosi o inspiegabili, grazie alla selezione delle prove effettuate. In questo modo, per esempio, chiunque può dimostrare di essere telepate. Basta dire a una persona: Pensa a un numero da uno a dieci, e poi sparare un numero a caso. Quando si indovina si annota la cosa su un quaderno. Arrivati a una ventina di numeri indovinati il nostro quaderno sarà la prova che venti volte su venti siamo in grado di indovinare un numero da uno a dieci: un risultato da veri telepati.
Collezionare una serie di risultati clamorosi o inspiegabili tenendo conto solo delle volte che va bene e scartando tutto il resto è molto facile e così facendo si può far credere di aver dimostrato la validità di qualsiasi pseudoscienza.Facciamo un altro esempio, che accade tutti i giorni: se un mago dà i numeri del Lotto garantiti per l’ambo a 300 clienti e poi durante la sua trasmissione televisiva legge le commoventi letterine di ringraziamento di quei due o tre che sono riusciti a vincere, questo darà al telespettatore l’impressione che il mago abbia poteri di preveggenza. Se invece il mago ricevesse e leggesse anche le letterine degli altri 297 o 298 poveracci che hanno buttato via i loro soldi, il fenomeno apparirebbe decisamente diverso e si comprenderebbe perché lo stato italiano metta il Lotto nella voce entrate.
La tecnica di falsare la statistica è utilizzata soprattutto dai guaritori, dai promotori delle cosiddette medicine alternative, dai sensitivi e dai veggenti. Selezionando i loro risultati positivi (che nel caso dei veggenti sono ottenuti a partire da interpretazioni fatte a posteriori di affermazioni vaghe) costoro possono crearsi un cumulo di fatti inspiegabili che in realtà sono perfettamente spiegabili.
Quando si vuole dimostrare l’esistenza di un fenomeno in modo statistico bisogna considerare tutti i risultati sperimentali, non solo quelli favorevoli ai propri preconcetti o alla propria tesi. Altrimenti sarebbe come portare la testimonianza di una persona che passando col verde ha avuto un incidente per dimostrare che conviene passare col rosso.
9.4 Mille esperimenti fatti male non ne valgono nemmeno uno ben fatto
Le pseudoscienze forniscono numerosi pseudo-esperimenti. Spesso, leggendo un manuale pseudoscientifico, si può restare sorpresi dalla quantità di esperimenti che vengono portati come prova di ciò che viene scritto. Grafici, formule, disegni e statistiche sembrano dimostrare che la pseudoscienza in questione ha profonde radici empiriche.
Il problema sorge quando si va ad analizzare i singoli esperimenti e i singoli grafici: si scopre che mancano le descrizioni degli assi cartesiani, mancano le definizioni delle variabili, mancano dei passaggi logici, mancano test in doppio cieco (nel caso delle medicine alternative) e mancano, in definitiva, le basi più elementari del metodo scientifico. Tutto questo inficia completamente i risultati ottenuti dagli pseudo-esperimenti.
È bene riflettere sul fatto che un esperimento eseguito male, che abbia anche un solo difetto in un singolo passaggio, non porta affatto a risultati vicini alla realtà: porta a risultati completamente sbagliati. La numerosità allora non ha più alcun valore. Mille esperimenti contenenti degli errori non ne valgono nemmeno uno di eseguito correttamente. Ecco perché può accadere che un singolo esperimento di fisica cambi la storia dell’umanità, mentre centinaia di esperimenti mal fatti non lascino alcuna traccia.
9.5 L’onere della prova spetta a chi fa le affermazioni
Nella scienza (e anche nel vivere civile) spetta a chi fa le affermazioni provare quello che dice. Nelle pseudoscienze invece capita che si accetti una teoria non dimostrata finché qualcuno non riesce a provare che è falsa. (Anzi la si accetta anche dopo che qualcuno è riuscito a dimostrarla falsa, come nel caso delle cosiddette foto Kirlian — vedi di seguito — usate come dimostrazione dell’aura o del fluido emanato dai pranoterapeuti).
Ecco come potrebbe andare la discussione fra il signor K, inventore che inverte l’onere della prova, cioè il dovere di portare le prove di quello che dice, e il signor S, che lo riceve nel suo ufficio per valutare l’acquisto dell’invenzione.
Signor K: — Caro signor S, ho finalmente terminato la mia invenzione: il motore che funziona con le rape al posto della benzina adesso esiste! Può fare diecimila chilometri con una sola rapa e l’inquinamento è zero.
Signor S: — È fantastico! Risolverebbe qualsiasi problema di trasporto! Posso vederlo?
Signor K: — Sapevo che me lo avrebbe chiesto e infatti, qui fuori, proprio qui fuori dal suo ufficio, nella sala d’attesa…
Signor S: — C’è un prototipo del motore!
Signor K: — No, che c’entra? Ci sono dieci testimoni che gentilmente mi hanno accompagnato.
Signor S: — Dieci testimoni? Non capisco…
I testimoni entrano uno dopo l’altro e giurano d’aver visto un’automobile andare con il motore a rape inventato dal signor K. Il signor S, però, prima di acquistare il brevetto insiste per vedere con alcuni esperti la favolosa automobile su cui è montato il rivoluzionario motore. I testimoni scuotono la testa con aria di compatimento e dicono: Anch’io prima ero scettico, ma poi… Di fronte a un’ulteriore insistenza del signor S, l’inventore K perde la pazienza e, visibilmente offeso, fa notare come i suoi testimoni siano brave persone, degne di fede. Quando il signor S gli dice che senza una prova concreta non può accettare l’affare, K, disgustato lancia la sfida: Dimostri lei, se ne è capace, che è impossibile che un motore funzioni a rape. Se non riuscirà a dimostrarne l’impossibilità dovrà per forza ammettere che esiste.
Facciamo un altro esempio. Immaginiamo che qualcuno (un sensitivo, un medium o un guru è lo stesso) dica che alcune mucche sono capaci di volare e suffraghi questa teoria con una serie di testimoni. Il guru, anziché presentare una mucca capace di volare (la prova a suo onere), sfiderà gli zoologi a dimostrare che la sua teoria è falsa, ovvero che tutte le mucche non volano. E dirà: Finché non sarà dimostrato che tutte le mucche non sono capaci di volare io avrò il diritto di affermare che alcune volano.
Ma come si potrebbe dimostrare che tutte le mucche non volano? Gettando centinaia e centinaia di mucche da una rupe? E poi? Andare avanti fino all’estinzione della specie? Gettata l’ultima mucca dalla rupe, il guru potrebbe sempre dire che le mucche non hanno voluto volare, pur essendone capaci, solo per fare un dispetto alle indagini sperimentali, oppure perché disturbate dal cosiddetto campo scettico. Questo è il meccanismo di rovesciare l’onere della prova. Questo meccanismo è una truffa intellettuale.
9.6 Il rasoio di Ockham taglia le pseudoscienze
Le pseudoscienze non usano il rasoio di Ockham, che permette di vagliare le teorie partendo dalle ipotesi più semplici. Anzi, lo usano al contrario, aumentando il più possibile la complessità delle spiegazioni, aumentando gli enti oltre qualsiasi necessità.
William de Ockham (1285–1349) scrisse: Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem, cioè Non si devono moltiplicare gli enti oltre la necessità, ovvero La pluralità va ipotizzata solo quando è necessaria.Come si applica questo concetto al mondo delle pseudoscienze e del paranormale? È semplice: prima di scomodare complicatissime spiegazioni, teorie o ipotesi per descrivere un fenomeno, vale la pena di verificare le ipotesi più semplici. Se la spiegazione più semplice non è quella giusta, allora si passerà alla successiva ipotesi in ordine di complessità. Si tratta cioè di dare la precedenza alla spiegazione più semplice, caratterizzata da un minor numero di ipotesi, “tagliando via” con il rasoio quelle più lunge e involute.
Facciamo un esempio concreto: nel 1908 lo psicologo polacco Julien Ochorowicz studiò le capacità psicocinetiche della medium sua connazionale Stanislawa Tomczych e, non applicando il rasoio di Ockham, scoprì i “raggi rigidi”.
Ecco come andarono i fatti. Nel corso delle prove effettuate con Stanislawa Tomczych, Ochorowicz vide dei sottili fili collegati alle dita della medium ogni volta che questa faceva levitare forbici, palline, scatole di fiammiferi e altri oggetti. Ipotizzò così che si trattasse di filamenti di origine ectoplasmatica, prodotti dalla medium per potere agire sui corpi materiali. Battezzò i filamenti “raggi rigidi”. Arrivò addirittura a scrivere un saggio in cui paragonava la sua scoperta a quella dei raggi X.
Lo psicologo assistette dunque a esperimenti di psicocinesi nei quali, quando la medium sollevava con la sola forza del pensiero un paio di forbici, comparivano due sottilissime linee bianche che congiungevano le dita della medium con gli occhielli delle forbici.
Vi possono essere varie spiegazioni del fenomeno, alcune più semplici, altre più complesse (che utilizzano quindi l’ipotesi di esistenza di più “enti”).
Spiegazione più semplice: la medium non usa la forza del pensiero ma la tensione di un filo: le sue dita tengono dei fili molto sottili, magari dei capelli, con cui solleva le forbici dal tavolo.
Spiegazione più complessa (quella scelta dallo studioso): la medium sta effettivamente sollevando le forbici con la sola forza del pensiero. I fili che si vedono uscire dalle mani sono le proiezioni mentali ectoplasmatiche materializzate dalla medium attraverso la creazione di raggi rigidi.
Cosa dice il rasoio di Ockham? Non certo che l’ipotesi dei raggi rigidi sia da scartare a priori, ci mancherebbe! Dice però che lo scienziato avrebbe fatto bene a verificare prima di tutto che l’ipotesi più semplice fosse falsa, ovvero non ci fossero fili, capelli o altro, passando soltanto poi a introdurre nuovi enti, come per esempio l’esistenza dei raggi rigidi.
9.7 Nella scienza non vale il principio d’autorità
Il principio d’autorità consiste nel far accettare, senza possibilità di critica, il pensiero di una data persona (l’autorità) sulla base del fatto che questa deve essere considerata superiore. Un uso popolare di questo principio è: Siccome lo ha detto Tizio, che è qualcuno, allora deve essere sicuramente vero. Caio, che non è nessuno, non ha alcun diritto di criticare.
Il principio d’autorità è diffuso in molte attività umane. Il valore di un’opera d’arte, per esempio, è anche stabilito dal pensiero dei maggiori critici contemporanei, considerati delle autorità.
Il moderno pensiero scientifico, sorto col metodo di Galileo Galilei, dovette scontrarsi appena nato con il principio d’autorità invocato dagli aristotelici. Costoro, convinti che Aristotele avesse già descritto e spiegato in modo perfetto tutti i fenomeni naturali, si rifiutarono di accettare i fatti nuovi che Galileo andava scoprendo. Per esempio, nel gennaio del 1610, a Padova, Galileo scoprì quattro satelliti di Giove con il suo cannocchiale. A tali osservazioni gli aristotelici opposero il principio d’autorità: Poiché Aristotele, l’autorità, non ha mai nominato i satelliti di Giove, allora questi non possono esistere. Galileo Galilei, che non era un’autorità, non poteva permettersi di criticare Aristotele.
Nella scienza, a differenza che in altre attività umane, non si può accettare il principio di autorità. Ogni divergenza di opinione va risolta non in base alla fama dei contendenti, ma in base ai risultati di verifiche sperimentali. In altre parole è la natura l’unico arbitro adatto a rispondere alle questioni scientifiche.
Anche nella scienza ci sono delle persone e delle istituzioni considerate più autorevoli di altre, magari grazie a dei meriti acquisiti in passato. In questo caso le affermazioni fatte avranno inizialmente un peso maggiore, ma non verranno accettate supinamente dal resto della comunità scientifica: anzi saranno più velocemente criticate qualora risultassero errate.
Anche i più grandi geni dell’umanità possono sbagliare: non è la loro parola che conta, ma le loro prove e i loro ragionamenti che devono essere riproducibili in altri esperimenti, anche dal cosiddetto ultimo arrivato.
In definitiva, si crede alla legge della gravitazione universale non perché l’ha detto il grande scienziato Newton, ma perché la teoria è continuamente confermata da esperimenti che può fare anche chi non si chiama Newton.
Le pseudoscienze, invece, usano intensivamente il principio di autorità. I libri che propongono le teorie pseudoscientifiche citano sempre, al posto dei fatti sperimentali accertabili da qualunque laboratorio abbastanza attrezzato, una serie di sedicenti esperti (le autorità appunto) che non vanno messi in discussione. Questi saggi vantano titoli del tipo: Cavaliere dell’Accademia Internazionale, Diploma Honoris Causa, Gran Veggente d’Europa, Divino Celebrante di Magia Bianca, Unico Messaggero del Pianeta Venere e Arconte del Terzo Raggio, Fratello Cosmico del Geroglifico di Horus eccetera.
Non serve acquistare dei libri del settore: basta sfogliare una guida tuttocittà per essere sommersi da maghi dell’universo una pagina sì e una no. I titoli hanno lo scopo di impressionare i possibili clienti e pare che i clienti effettivamente si impressionino.
9.8 L’evoluzione delle scienze è determinata da una continua ridiscussione critica
Le scienze evolvono. Basti pensare ai progressi della medicina o della fisica. Le pseudoscienze invece sono spesso ferme ai secoli passati e, di tale arretratezza, si fanno vanto. Come se fosse una garanzia di qualità.
L’evoluzione delle scienze è determinata da un continuo affinamento di modelli e teorie. Non è vero che le teorie nuove cancellano quelle vecchie e che ciò che era vero ieri oggi è falso: per esempio la meccanica newtoniana è stata superata dalla teoria della relatività di Einstein, ma non è stata cancellata. Sebbene i concetti di tempo e di spazio assoluti siano ora superati, il valore predittivo della meccanica newtoniana rimane ancora perfettamente valido per la comprensione dei fenomeni che si manifestano a velocità piccole rispetto a quella della luce o per densità di materia tipiche del Sistema solare. In questi casi la più complessa formulazione di Einstein coincide esattamente con quella di Newton e in questo senso è come se la relatività generale estendesse la meccanica classica. Quindi per mandare una sonda nel Sistema solare la meccanica che a tutt’oggi si usa per i calcoli è quella newtoniana.
9.9 Una teoria non è scientifica se non è falsificabile
Questo importante concetto è dovuto a Popper. In parole povere, un’affermazione che può essere smentita dall’osservazione di fatti nuovi è un’affermazione falsificabile (da non confondere con falsa), mentre un’affermazione che risulta, anche in linea di principio, impossibile da smentire qualsiasi siano i risultati di qualsiasi esperimento, è un’affermazione non falsificabile e quindi dogmatica.
Quindi le affermazioni per le quali non si può neppure immaginare un fatto nuovo o una prova sperimentale nuova in grado di contraddirle, sono affermazioni dogmatiche e perciò non-scientifiche. Attenzione però, essere falsificabile non significa essere falso o qualche volta falso, significa ‘vero fino a prova contraria’, cioè soggetto a verifiche sperimentali che a priori devono anche poter smentire oltre che confermare. Se qualsiasi sia il risultato di un esperimento, una data affermazione resta sempre e comunque vera, allora tale affermazione non è di interesse scientifico, non può essere soggetta a indagine.
Facciamo un esempio: la legge di gravità è una legge vera, nel senso che è sempre stata verificata da ogni esperimento. Non è però una legge non falsificabile, cioè dogmatica: se in un prossimo esperimento lasciando cadere un sasso sotto la sola influenza del suo peso, questo rimanesse fermo a mezz’aria violando la legge di gravità, ecco che tale legge verrebbe falsificata. Quindi la legge di gravità è falsificabile, ma non (fino a oggi) falsificata.
Ci sono affermazioni invece, molto diffuse nelle pseudoscienze, che a causa della loro stessa formulazione risultano impossibili da contraddire, anche in linea di principio, qualsiasi risultato sperimentale venga ipotizzato.
Di fronte a un’affermazione fatta da qualcuno, per capire se è falsificabile o dogmatica, basta chiedere: Qual è il fatto nuovo che, se accadesse, ti farebbe cambiare opinione? Se non esiste alcun fatto immaginabile capace di far cambiare opinione, vuol dire che l’affermazione è dogmatica.
Ecco alcuni esempi di affermazioni non-falsificabili:
- L’universo, prima del Big Bang, era tutto rosa e a pallini verdi. Questa affermazione è non falsificabile perché l’universo, prima del Big Bang, è un oggetto non osservabile. Quindi fare ipotesi su come poteva essere, significa fare ipotesi non-scientifiche, cioè non verificabili con nessun mezzo.
- Sto parlando con la voce di un uomo vissuto 400.000 anni fa. Anche questa affermazione può solo essere creduta sulla parola di chi la pronuncia. Quale esperimento (al di là del buon senso) potrebbe smentirla?
- Gli alieni sono fra noi, ma sono indistinguibili dagli esseri umani. Se gli alieni sono indistinguibili dagli umani, allora, per definizione, non esiste modo di sapere se sono alieni o umani, cioè non esiste esperimento che, a seconda del risultato ottenuto, possa verificare o contraddire l’ipotesi. L’affermazione è dunque dogmatica.
Ovviamente nelle pseudoscienze esistono anche affermazioni non-dogmatiche e quindi falsificabili. Esse sono state però, proprio per questo, falsificate molte volte. Sono cioè risultate false. Per esempio, le teorie sulla lettura della mano o le previsioni astrologiche, sono affermazioni che possono essere facilmente contraddette da semplici esperimenti o verifiche.
9.10 Nelle scienze è assente la figura del “tuttologo”
Una differenza fra scienza e pseudoscienza è quella delle competenze dei rispettivi operatori (quelle persone che vi si dedicano con impegno e passione). Gli scienziati, pur avendo una notevole visione d’insieme, si specializzano in un campo particolare. L’esperto di chimica organica, per esempio, non sarà anche esperto di botanica o di archeologia. L’oculista non sarà anche dentista, cardiologo o astronomo. Anche all’interno di una stessa specializzazione vi saranno competenze diverse fra le varie branche, così il matematico algebrista non sarà altrettanto competente nella geometria differenziale o nella teoria del caos.
Nel mondo del paranormale e delle pseudoscienze le cose vanno in modo completamente diverso. Qui capita che i vari esperti e operatori assicurino una serie di competenze da veri e propri tuttologi. Così c’è chi può essere contemporaneamente mago, occultista, sensitivo e medium; ma anche veggente, esoterista e cartomante; alla bisogna, anche pranoterapeuta o lottologo; specializzato nei problemi d’amore e di studio, ma anche in quelli di salute, lavoro e denaro; con particolari competenze, perché no?, nell’interpretazione dei sogni, e anche nella radioestesia e nella psicofonia; abile astrologo, ma anche valido esorcista. Egli insomma potrà promettere di risolvere qualsiasi problema gli venga posto, perché — eccetto dimostrare le sue affermazioni — non c’è nulla che egli non sappia fare.
9.11 Le discipline scientifiche si integrano fra loro e tendono a una visione coerente
Le diverse discipline scientifiche si integrano fra loro e tendono a una visione coerente: per esempio fra la fisica e la chimica c’è la chimica-fisica e fra la biologia e la fisica c’è la biofisica.
Quando due campi di studio si trovano ad avere delle sovrapposizioni, i risultati vengono confrontati e discussi insieme, così si tende a unificare i modelli e le teorie migliorando la comprensione d’insieme.Le diverse pseudoscienze, invece, pur occupandosi spesso delle stesse cose, propongono ognuna una visione completamente differente dalle altre, e si fondano su principi e idee che sono spesso in contraddizione uno con l’altro.
Per esempio, il destino e il carattere di una persona dipendono dal segno zodiacale o dalle linee della mano? L’oroscopo che vale è quello Cinese o quello occidentale? Nel corpo umano ci sono le onde negative e positive dei pranoterapeuti o le vibrazioni dell’omeopatia?
Non c’è da meravigliarsi per questo tipo di contraddizioni: quando le cose sono inventate con la fantasia non ci si può certo aspettare un risultato coerente o non contraddittorio, anzi!
10. Alcuni esempi di pseudoscienze
La pseudoscienza abbraccia tutti i campi dello scibile umano. La matematica e la statistica vengono travisate, per esempio, dalla sedicente lottologia scientifica, che applicando in modo sbagliato la elementare legge dei grandi numeri arriva a risultati completamente falsi. L’astronomia deve sopportare le farneticazioni dell’astrologia: un modo di vedere i pianeti e le stelle che deriva da profonda ignoranza e superstizione, che però piace e appassiona molto il pubblico. La perizia calligrafica, che permette agli esperti di attribuire la paternità ai manoscritti, si ritrova degenerata nella grafologia popolare dove attraverso la scrittura si crede di scoprire tutto sulla personalità, le capacità e le attitudini dello scrivente. Nel campo della medicina ci sono gli esempi più popolari e pericolosi (dato che, parlando di salute, si rischia molto più del semplice denaro). Lì troviamo antiche credenze e ipotesi mai dimostrate vendute come l’ultimo ritrovato scientifico. Così prendono piede discipline come la pranoterapia, l’omeopatia, la cristalloterapia, la cromoterapia o i fiori di Bach e mille altre cosiddette medicine alternative. Presunte capacità paranormali millantano di aiutare le indagini della polizia (la veggenza), o la ricerca delle falde acquifere (la rabdomanzia). Altre discipline pseudoscientifiche promettono contatti coi defunti, come la psicofonia o la medianità, o di salvaguardare la salute nelle nostre case, come la geobiologia che prevede l’esistenza dei cosiddetti nodi di Hartmann, seguita anche da alcuni bioarchitetti. Altre pseudoscienze scambiano dei cerchi nel grano per la prova dell’atterraggio di astronavi aliene (qui il rasoio di Ockham avrebbe da lavorare…). C’è poi l’ufologia contattista, dove non è raro trovare rapiti da astronavi aliene. L’elenco è molto lungo e viene continuamente aggiornato… del resto, come abbiamo visto, un esperimento interessante è quello di provare a inventarsi una pseudoscienza che non esista già.
Vedremo negli approfondimenti finali alcune discipline famose, come la lottologia, la grafologia popolare, la psicofonia, l’ufologia contattista, la veggenza in aiuto alle indagini di polizia, la ricerca dei nodi di Hartmann compiuta dai nuovi rabdomanti, sempre più di moda fra le persone che sognano di biodormire biotranquilli nei bioletti delle loro biocase e infine l’omeopatia: la medicina alternativa attualmente più di moda.
10.1 Veggenti e detective
La veggenza merita un approfondimento, non tanto per la pseudoscienza in sé, che rientra nella critica fatta ai fenomeni paranormali, ma per la capacità, davvero notevole, che i sedicenti veggenti hanno nell’attribuirsi i meriti dei ritrovamenti delle persone scomparse. Essi intralciano e rallentano le indagini della polizia dando informazioni vaghe e inutili, del tipo: Vedo dell’acqua: forse è un fiume, oppure il mare, o una fontana, o il rubinetto di una stanza, oppure: Vicino a un monte… ma forse è una collina… o un condominio… qualcosa di alto, insomma.
Fanno perder tempo ed energie, ma alla fine sono abilissimi nell’attribuirsi il merito di un eventuale ritrovamento. L’avevo detto io! Vicino a una casa col tetto rosso….
Per questo tipo di divinazione la tecnica di base è sempre la stessa, quella della cartomanzia e dell’astrologia: vaghezza, interpretazione a posteriori, selezione dei risultati. Per rendersene conto basta provare a fare l’esperimento dei tarocchi rovesciati.
10.2 I nodi di Hartmann e le geopatologie
La geobiologia è una disciplina fondata all’inizio degli anni Cinquanta dal dottor Ernst Hartmann (1915–1992). A essa si rifanno, seppur con certe variazioni, alcuni bioarchitetti e vari gruppi che si occupano di architettura geobiologica o biocompatibile. Persino il manuale Hoepli di architettura ha dedicato qualche pagina ai lavori e alle teorie di Hartmann, citando i cosiddetti nodi di Hartmann.
Secondo la geobiologia la Terra sarebbe attraversata da un sistema di linee che formerebbe una rete: i punti di incrocio di tali linee, i “nodi di Hartmann”, sarebbero nocivi per l’organismo in quanto provocherebbero le cosiddette geopatie. Queste idee, che prendono l’avvio da ricerche svolte con metodi di rabdomanzia, sono in netta contraddizione con le proprietà della Terra e con le leggi della fisica conosciute. Siamo di fronte alla possibilità di un nuovo Nobel per la fisica?10.2.1 La rete di Hartmann e i nodi radianti
Genericamente la rete di Hartmann viene definita (da coloro che ritengono esista) una griglia di passo 2 m per 2.5 m ricoprente l’intero pianeta Terra e uscente radialmente da esso. Le geopatie, in questa visione del mondo, sarebbero le malattie causate dallo stazionamento sopra le zone di incrocio della rete di Hartmann, dove si hanno i cosiddetti nodi di Hartmann (chiamati anche nodi radianti o punti cancro).
Secondo gli esperti, il sostare per lunghi periodi sopra uno di tali nodi potrebbe essere estremamente dannoso per la salute, soprattutto se sotto al nodo (anche a profondità di centinaia di metri) ci dovessero essere falde acquifere oppure faglie, che sono ritenute in grado di intensificare le “radiazioni nocive” sviluppate dal nodo. Di qui la necessità di correre ai ripari progettando abitazioni in luoghi non radianti, e, dove vi sia già la costruzione, eseguendo mappature dettagliate della posizione dei nodi di Hartmann più patogeni al fine o di spostare i letti e le scrivanie al di fuori delle zone a rischio, o di schermare i punti cancro per mezzo di tappetini di sughero e rame o altri apparecchi brevettati, garantiti allo scopo.
10.2.2 Le osservazioni medico-rabdomantiche del dottor Hartmann
Ecco come definisce lo stesso Hartmann la griglia che da lui prese il nome. Nel libro Krankheit als Standortproblem (Malattia come problema dovuto al luogo), che raccoglie una serie di articoli scritti in più di trent’anni, egli afferma (1951): Secondo le osservazioni che ho fatto sussiste una legame fra l’irraggiamento terrestre e la malattia. I raggi della Terra provocano un effetto patogeno soltanto su strisce strette (larghe circa 5–10 cm) che si manifestano come zona di stimolo, ovvero di reazione del rabdomante. Hartmann fece queste osservazioni in prossimità di corsi d’acqua, basandosi sulle capacità di percezione rabdomantica che era convinto di possedere. Non specificò cosa intendesse per raggi della Terra, lasciando solo intendere che tali raggi potevano essere trovati con metodi rabdomantici. Scrive anche, sempre nel 1951: Queste strisce hanno un certo ritmo e dipendono poco dal sottosuolo: tanto più è profondo il corso d’acqua e tanto più emergono strisce ritmiche parallele. Hartmann asserisce inoltre di riuscire a individuare le strisce, oltre che con la bacchetta da rabdomante, anche attraverso i sensi del tatto e della vista. Egli sentiva infatti una forte sensazione di calore sulle mani e anche una sensazione di intenso prurito. È doveroso però notare che queste due sensazioni fisiche dipendevano anche dalle condizioni meteorologiche in cui si trovava a operare. Secondo Hartmann infatti la sensazione di prurito poteva perdere d’intensità, fino a scomparire e poteva insorgere persino la sensazione di freddo. Riguardo alla vista, Hartmann scrive: Se sussiste una forte sensazione di prurito sulle mani e c’è una certa penombra, queste strisce ritmiche sono coglibili anche con l’occhio. Su queste strisce compare un fumo simile a nebbia su cui si possono osservare diverse cose.
Riguardo agli effetti sulla salute Hartmann effettua quelle che egli stesso definisce osservazioni sconvolgenti; scrive infatti: Eccetto pochissime malattie, come l’influenza, il morbillo, il raffreddore, eccetera, ci sono poche malattie che non siano causate da una striscia stretta.
Alcuni anni dopo, nel 1968, Hartmann parla invece di griglia a rete globale, che è cosa diversa dalle strisce descritte nel 1951. La griglia a rete globale non interessa infatti soltanto il suolo in prossimità di corsi d’acqua sotterranei, ma ricoprirebbe l’intero pianeta. Inoltre, al posto dei raggi della Terra (che riteneva scaturire da falde e faglie), egli comincia a parlare di raggi cosmici (senza comunque specificare cosa intenda con tale termine) i quali diffonderebbero la rete in tutti i luoghi. Scrive infatti Hartmann: è presumibilmente una struttura di griglia a rete di determinati raggi cosmici che sono ordinati regolarmente nel campo magnetico terrestre; orientati magneticamente in direzione nord-sud ed est-ovest.
Nello stesso anno aggiunge un’importante modifica alla sua teoria: essendo convinto della regolarità e della stabilità della griglia globale, ritiene improbabile, dato che la Terra si muove nel Sistema solare, che tale griglia abbia una origine cosmica. Essendo una struttura legata al luogo Hartmann ripensa allora a un irraggiamento terrestre, simile a quello descritto nel 1951, diffuso però su tutta la superficie della Terra. Tale irraggiamento sarebbe causato, secondo Hartmann, da radiazioni provenienti da spaccature all’interno del pianeta: le radiazioni, nell’attraversare strutture cristalline nelle viscere della Terra, diverrebbero ordinate in una griglia uniforme. L’ultimo aggiornamento di tale rete globale viene effettuato da Hartmann nel 1976: La griglia a rete globale ha anche forma tridimensionale. Notammo che quando in seguito a uno spostamento orizzontale del letto le condizioni del paziente non miglioravano, vi erano invece dei cambiamenti in seguito a una variazione di altezza del giaciglio.
Una delle cose che vale la pena di ricordare è che Hartmann non fu il solo a occuparsi di geobiologia (pur divenendone l’esponente più conosciuto). Nello stesso periodo altre persone, utilizzando la bacchetta (rabdomanti) o il pendolo (radiestesisti), si dedicarono a ricerche simili approdando a risultati differenti. Così sono sorti la griglia di Peyré, i campi polari di Wittmann e la griglia diagonale di Curry. Hartmann criticò le teorie di Curry sull’emanazione delle cariche perché, disse, derivano da misurazioni soggettive.
10.2.3 I nodi di oggi
La situazione odierna della geobiologia non è molto cambiata. Anche se nei tempi più recenti vi sono stati alcuni aggiornamenti, la sostanza della disciplina è rimasta praticamente immutata. Nessun rabdomante o pseudo architetto, per esempio, afferma oggi di poter vedere con gli occhi la nebbia che sorge dalle righe di Hartmann, vengono però da molti considerate ancora valide le misurazioni tramite bacchetta da rabdomante per la ricerca dei nodi patogeni (e, ovviamente, l’esistenza di tali nodi non viene per nulla messa in discussione). Adesso, per la rilevazione dei nodi, sono stati posti in commercio, oltre a bacchette e a pendolini, anche dei non meglio specificati radioapparecchi di produzione tedesca. Riguardo alle malattie provocate dai nodi, oggi i seguaci di Hartmann non ritengano più che siano la maggioranza di quelle conosciute. Rimangono però molteplici: dalle semplici sensazioni di stress, affaticamento, mal di testa e insonnia, fino alle ben più gravi leucemie. Vale la pena di citare il caso di un architetto e rabdomante che nel febbraio 1997 si accordò con la giunta comunale di Siena per eseguire la mappatura dei nodi radianti nei cinque asili comunali (delibera comunale n. 179 di Siena, del 3/2/1997). Secondo l’architetto tali nodi mettevano a repentaglio la salute dei bambini poiché favorivano l’insorgere della leucemia infantile. La mappatura non ebbe poi luogo perché il sindaco, avendo modo di sentire un parere scientifico, decise di bloccare il progetto.
Sistema per la rilevazione dei nodi di Hartmann |
10.2.4 Le leggi di Maxwell
Tutto ciò è in totale contrasto persino con le conoscenze scientifiche dell’elettromagnetismo più elementari. La forma del campo elettromagnetico terrestre è infatti ben conosciuta anche nelle armoniche più deboli, grazie agli studi satellitari, mentre le proprietà dell’elettromagnetismo sono descritte alla perfezione dalle leggi di Maxwell del 1873: e non vi è spazio né per l’esistenza di una maglia elettromagnetica (dato che le linee di campo non si possono mai incrociare) né per l’esistenza di una griglia di nodi emettenti onde elettromagnetiche (dato che sarebbero stati facilmente individuati già da tempo con un semplice rivelatore). Gli insegnamenti della geobiologia implicherebbero quindi una completa revisione di tre discipline scientifiche: la fisica di base (dalla quale si dovrebbero eliminare le equazioni di Maxwell e tutte le conoscenze sull’elettromagnetismo), la medicina (nella quale si dovrebbe inserire la scoperta che i nodi di Hartmann sono la causa di moltissime malattie) e la biologia (nella quale la scoperta di autentiche capacità extrasensoriali rabdomantiche porterebbe una nuova luce al concetto di essere umano).
Gli appellativi che nella stampa vengono dati alle strisce di Hartmann sono molteplici: terrestri, telluriche, cosmiche, cosmotelluriche, radianti, magnetiche, elettromagnetiche, geopatogene, ionizzanti, ioniche e via dicendo. Oltre a ciò non è affatto raro vedere confuse le linee di Hartmann con i campi elettromagnetici prodotti da elettrodotti o elettrodomestici. Questa confusione non passerebbe certamente inosservata se anziché concetti fisici riguardasse concetti architettonici: che effetto farebbe sentire parlare di una struttura indifferentemente chiamata scala, camino, colonna, volta, portico, cantina, muro, finestra, tetto, arco eccetera?
10.2.5 La parola dei rabdomanti come prova scientifica
Ricapitolando, questa disciplina prevede energie e fenomeni non ancora conosciuti né dalla fisica né dalla biologia, e in netto contrasto con le conoscenze scientifiche di base. Qual è dunque la prova che viene portata per l’esistenza di queste energie? La sensitività rabdomantica. Apriamo una parentesi per fare una puntualizzazione: se tali energie venissero realmente rilevate per mezzo di persone particolarmente “sensibili”, attraverso l’utilizzo delle cosiddette bacchette da rabdomante, per quanto misteriosa, l’esistenza dei nodi radianti sarebbe comunque comprovata in modo concreto. Il rabdomante, infatti, fungerebbe da strumento di misura. Nessuno, per esempio, metterebbe in dubbio l’esistenza dei tartufi solo perché vengono trovati grazie all’olfatto dei maiali senza bisogno di complicati strumenti tecnologici. Ma le cose non vanno affatto così per i nodi, ed è questo il punto cruciale del discorso.
Una versione moderna della classica forcella per rabdomanti |
Nessun rabdomante è sinora riuscito a localizzare dei nodi di Hartmann in maniera ripetibile e controllabile, ovvero in maniera concreta. Quando infatti viene detto che la rete di Hartmann e i nodi patogeni vengono “sentiti” dai rabdomanti, viene taciuta una cosa fondamentale: ogni rabdomante trova i nodi in posti diversi (essi divengono perciò “i suoi” nodi), e uno stesso rabdomante, qualora provi a mappare un luogo da lui già analizzato in precedenza, non riesce a rintracciare i nodi nei posti precedentemente identificati. La presunta capacità rabdomantica, del resto, ogniqualvolta sottoposta a controllo, si è rivelata fallimentare anche per quanto riguarda la classica rivelazione della presenza di acqua. I rabdomanti, in altre parole, non sono veramente in grado di riconoscere (in modo ripetibile, con sistemi di controllo in doppio cieco) queste presunte energie nel suolo, ma sono soltanto in grado, così come lo sarebbe qualsiasi altra persona, di indicare una serie di punti a casaccio, affermando di sentire qualcosa.
10.2.6 Come difendersi dalla paura dei nodi: vari talismani in vendita
Chi vende soluzioni al problema dei nodi, ovviamente non si pone il problema di dimostrare l’esistenza della rete di Hartmann, ritenendola del tutto scontata. La discussione finisce così sul problema di vedere quanti e quali effetti i nodi radianti abbiano sulla salute dell’uomo, ovvero su quante e quanto gravi siano le cosiddette geopatie. Nel manuale de Il Salvagente già citato, riguardo alla rete di Hartmann viene scritto: Quello che si sa è che certi animali sono più sensibili di altri ai nodi, pur comportandosi in modi diversi. I cani se ne allontanano, gatti e formiche invece li prediligono ‘scegliendoli’ per la loro tana. Gli sforzi sono dunque diretti alla ricerca di rimedi per le abitazioni (peraltro a costi non indifferenti), piuttosto che a provare sperimentalmente l’esistenza dei nodi. Lo stesso Hartmann, nel 1983, propose di utilizzare i biorisonatori (delle spirali metalliche), per eliminare gli effetti patogeni dei punti cancro.
Attualmente esistono molteplici rimedi contro i nodi di Hartmann, molti dei quali sono proposti dalle stesse persone che eseguono la mappatura dei luoghi. Negli ultimi tempi sono sorte numerose ditte, anche in Italia, specializzate in questo campo. Per fare un esempio, la ditta BIOSET® della Full-Point S.r.l. propone il biodispositivo brevettato, ovvero un campo magnetico stabilizzato nord-sud che rafforza il sistema immunitario e unitamente al ‘circuito oscillante’ difende l’organismo dalle influenze delle radiazioni cosmotelluriche, geopatogene (nodi di Hartmann) ed elettromagnetiche.
Tutto ciò assume inevitabilmente l’aspetto della vendita di un talismano contro il malocchio… è come se si proponesse di salvaguardare le nostre abitazioni con uno speciale scudo brevettato contro i pericolosissimi planaggi di stormi di mucche volanti (molto più devastanti dei piccioni). Queste nuove figure professionali stanno insomma generando nuovi allarmi, creando nuovi bisogni e producendo nuovi prodotti, il tutto senza portare alcuna prova della fondatezza delle loro teorie.
10.2.7 La prova semplicissima
In realtà sarebbe estremamente facile dimostrare l’esistenza dei nodi di Hartmann se i cercatori e schermatori di nodi fossero davvero in grado di fare il mestiere che dicono. Abbiamo proposto un metodo semplicissimo per dimostrarlo. Il metodo ha anche il vantaggio di essere a costo zero, ripetibile e strutturato in doppio cieco: il rabdomante cercatore/schermatore di nodi sarebbe stato posto in una grande stanza dove avrebbe individuato, giacché ce n’è uno ogni due metri, una ventina di nodi di Hartmann. Avrebbe quindi dovuto applicare i tappetini di sughero anti-nodo (o qualsiasi altro prodotto schermante) su tutti e venti i nodi, verificando con la sua bacchetta che non irradiassero così più alcuna negatività cosmotellurica. Fatto questo i 20 tappetini sarebbero stati coperti alla sua vista tramite dei coperchi di materiale qualsiasi (ovviamente opaco alla luce visibile). Il rabdomante sarebbe quindi uscito dalla stanza dell’esperimento e una seconda persona, a sua insaputa, avrebbe tolto a caso uno dei 20 tappetini anti-nodo da sotto un coperchio. A quel punto il rabdomante, rientrando accompagnato da una terza persona (che non avendo visto l’operazione poteva fungere da giudice imparziale), avrebbe dovuto individuare con la bacchetta quale fosse, fra i venti presenti, l’unico nodo non schermato. In modo molto semplice, attraverso esperimenti ripetuti, l’esistenza dei nodi radianti poteva essere dimostrata in modo concreto (e con spese sperimentali veramente limitate!). A questa nostra proposta, purtroppo, ci è stato risposto che gli ultimi studi sembrano indicare che i nodi di Hartmann possono muoversi e cambiare posizione al passare del tempo.
Che dire? Questa nuova concezione di nodo radiante, se da una parte si discosta da quella originariamente inventata da Hartmann, dall’altra si avvicina notevolmente al concetto di mucca volante (che può muoversi, volare, migrare…). Le teorie geobiologiche dei nodi e della rete di Hartmann, fuoriuscendo dalla possibilità di indagine empirica, possono solo essere oggetto di credenza fideistica. In questo modo, l’unico interesse scientifico che possono suscitare riguarda lo studio di come nascano e si diffondano le nuove superstizioni e le nuove pseudoscienze.
11. Rilevanza sociale del paranormale e delle pseudoscienze
Spesso capita di sentirsi domandare se, dopotutto, le credenze nei fenomeni paranormali o nelle pseudoscienze non siano fondamentalmente innocue. Per esempio, che male può fare leggere l’oroscopo ogni tanto oppure chiedere consiglio a un veggente quando si è insicuri su una decisione da prendere?
Ebbene, può fare molto male: la fiducia riposta nei veggenti e negli occultisti si trasforma rapidamente non solo in un danno economico, ma anche in una schiavitù psicologica che può arrivare fino al vero e proprio plagio.
Nel caso delle medicine alternative i danni per la salute sono tangibili: la medicina alternativa, infatti, anche quando “non fa niente” può portare alla morte per assenza di cure serie. Facciamo un esempio tratto dalla cronaca: a una donna viene diagnosticato un tumore al seno, in tempo utile per avere buone probabilità di guarigione. La donna però rifiuta le cure mediche, perché un pranoterapeuta di cui lei si fida le promette una guarigione “naturale”, alternativa, senza effetti collaterali. Si tratta solo di ribilanciare le energie positive e negative attraverso il prana e il gioco è fatto. La donna torna in ospedale parecchi mesi dopo, quando ormai la malattia è allo stadio terminale e non c’è più nulla da fare.
Altro esempio (sempre tratto dalla cronaca): due medici vengono chiamati per visitare un bambino. Constatano durante la visita che il bambino è gravemente denutrito e scoprono che i genitori seguono in modo maniacale un filone della macrobiotica particolarmente devastante nell’età della crescita. I medici vorrebbero far ricoverare il bambino, ma i genitori si oppongono, in base al diritto di nutrire loro figlio secondo la filosofia che preferiscono. Nei giorni necessari per ottenere un’ordinanza di ricovero dal tribunale, il bambino muore.
Non fatemi uscire, non fatemi uscire. Devo rimanere qui solo per altri sei mesi, poi la magia cattiva si dissolverà. Devo rimanere in casa, o moriremo tutti. Una ragazza ventiduenne di Guardiagrele, un piccolo comune in provincia di Chieti, ha reagito in questo modo ad una squadra di carabinieri che ha fatto irruzione il 22 marzo del 1996 in un appartamento in cui era rinchiusa da più di sei anni. Alla domanda sul perché fosse in casa in una stanza piena di sporcizia e completamente al buio, la giovane ha risposto: Devo sfuggire a un incantesimo mortale, mi hanno fatto una fattura tanto tempo fa. Me lo disse un nostro parente: devo stare chiusa in casa sette anni se voglio salvare me e i miei familiari. Vi prego, non portatemi via.
Nell’aprile 1996 Salvator Rosa, presidente del TAR dell’Umbria, ha preso una decisione che è rimbalzata anche sulla stampa, applicando l’articolo del Testo Unico di Pubblica Sicurezza che vieta il mestiere di ciarlatano e mandando un’ordinanza di chiusura a tutti gli studi esoterici della regione. Sentiamo cosa scrive: Ognuno è libero di pensare come crede, è ovvio: ma io non vedo la differenza fra l’imporre il casco, il vietare l’uso dell’eroina, il vietare l’usura e il vietare la magia. Fra il mago e l’usuraio non saprei dire chi sia peggiore: l’usuraio almeno affitta del denaro, cioè qualcosa di concreto, il mago affitta o vende chiacchiere e panzane. Forse, la gente che difende i maghi non sa bene che cosa questi offrano in vendita e a che prezzo. Ci sono quelli che vendono i numeri del lotto, o il modo sicuro di vincere al totocalcio: chiunque abbia un minimo di logica si rende conto che, se il mago sapesse come vincere, semplicemente giocherebbe, e non se ne starebbe tutto il giorno in una stanza in attesa di qualche gonzo cui vendere il suo segreto. Altri, la maggioranza, fanno le fatture, cioè, a prezzo incredibilmente caro (decine, centinaia di milioni), promettono di far innamorare persone che il cliente ama o di far morire persone che il cliente odia. Se il prescelto poi non muore è probabile che il prossimo passo sarà rivolgersi a un killer della mafia. Secondo me il diffondersi di questi fenomeni è segno di decadenza culturale e spirituale di un popolo.
12. Il business del paranormale in Italia
Diamo alcune informazioni sulle dimensioni e sugli interessi economici che ruotano attorno al paranormale in Italia.
Fare il mago in Italia è vietato per legge. È vietato il mestiere di ciarlatano (articolo 121 del T.U.L.P.S). Per ciarlatano oltre al mago si intende l’indovino, il cartomante, l’interprete di sogni, il guaritore, il venditore di ricette dalle virtù straordinarie ecc. (art. 231).
Ma non importa. Vietato o no, è ovvio che i ciarlatani esistono, sono esistiti ed esisteranno sempre. Diceva una nota imbonitrice televisiva: Finché esisteranno i cretini esisterò anch’io. Si tratta di una vera e propria nicchia ecologica: finché esisterà un certo tipo di preda, esisterà anche un certo tipo di predatore.
Il numero di operatori dell’occulto, in maggior parte cartomanti, astrologi e guaritori, è di circa 150 mila, circa uno ogni quattrocento abitanti. Il 35 per cento degli italiani si reca almeno una volta all’anno dai suddetti operatori dell’occulto.
L’età media delle persone coinvolte è di 45 anni e nel 15% dei casi si tratta di persone con istruzione superiore o universitaria. Questo enorme numero di persone si concretizza in un giro di affari di circa 5 miliardi di euro all’anno, il 97% del quale è esentasse.
Purtroppo, questo delirante spreco di denaro è in costante crescita e colpisce anche ambiti delicati come la tutela della salute e dell’ambiente.
Si possono individuare alcune caratteristiche che il mondo del paranormale ha assunto in questi ultimi anni. L’esplosione editoriale: senza contare le numerose riviste a carattere astrologico (o l’oroscopo quasi onnipresente sulla stampa), ci sono numerose riviste a grande tiratura sul paranormale. Con i servizi telefonici il paranormale a pagamento entra in tutte le case. Ci sono poi i maghi televisivi: pur essendo la ciarlataneria illegale, e quindi illegale a maggior ragione nel contesto pubblico delle trasmissioni TV, questi imbonitori dell’occulto abituano lo spettatore a qualsiasi sorta di assurdità. Si diffondono sempre più le sette soppressive, quelle sette che, nell’ambito della loro attività, svolgono un vero e proprio lavaggio del cervello ai loro adepti, riducendoli a macchine volte all’acquisizione di altri adepti.
Infine ci sono le medicine alternative, omeopatia in testa, che nonostante l’efficacia nulla vengono sovvenzionate dallo stato…
In tutte queste presenze di natura così disparata, vi sono due caratteristiche unificanti: l’emergere nel paranormale di una forma di organizzazione in cui il mago diventa, da figura popolare e tradizionalmente rurale, un imprenditore di una vera e propria azienda, pronta a qualsiasi cosa pur di guadagnare denaro.
Questo universo fantastico sta ottenendo una pseudolegittimazione culturale, tramite una assidua presenza sui mass-media improntata su una malintesa riscoperta del naturale e sulla tendenza nei dibattiti televisivi a mettere sullo stesso livello serie scoperte scientifiche e ciarlataneria.
Due sono le principali cause di questa specie di legittimazione culturale. In primo luogo, l’approccio che i mass-media usano in questo campo consiste in un misto di pressapochismo e sensazionalismo che porta alla pubblicazione del tutto acritica delle notizie più assurde; così si porta il grande pubblico a dare per scontati dei fenomeni dei quali non è mai stata provata l’esistenza. In secondo luogo, il mondo scientifico, che non si preoccupa abbastanza di divulgare al grande pubblico le sue scoperte; così si tiene il pubblico lontano dal fascino dei veri misteri della natura, dandolo in pasto ai falsi misteri elargiti a piene mani dal mondo del paranormale e dalle pseudoscienze.
13. L’omeopatia: una cura rivoluzionaria?
I prodotti omeopatici, soprattutto in questi ultimi dieci anni, hanno conquistato una fetta di mercato considerevole portandosi al primo posto fra le medicine alternative più utilizzate in italia. È ormai rarissimo trovare una farmacia che non metta in bella mostra un’insegna con scritto “omeopatia”. Vediamo allora di approfondire la composizione e le regole che riguardano i preparati omeopatici.
13.1 Principio attivo ed eccipienti
Il contenuto di un farmaco è costituito da eccipienti, che servono a facilitare l’assimilazione del prodotto, permettono di confezionare le medicine sottoforma di pastiglie, compresse effervescenti, creme, granuli e altro, e da uno o più principi attivi, le molecole che costituiscono la cura effettiva. I farmaci generici, per esempio, sono equivalenti ai farmaci di marca qualora contegano lo stesso principio attivo, nella stessa quantità.
I prodotti omeopatici hanno una caratteristica a dir poco sconvolgente: nel loro caso il principio attivo può essere costituito da una quantità irrisoria di molecole ottenute per diluizioni successive in acqua, oppure da nessuna molecola diversa dall’acqua. Rimangono presenti invece gli eccipienti.
13.2 La memoria dell’acqua
Il cosiddetto medico omeopata sia per forma mentis che per modo di operare è comparabile più con un mago o uno stregone che con un medico: egli infatti, pur somministrando ai suoi pazienti della semplicissima acqua (consapevole che tramite le diluizioni omeopatiche il principio attivo finisce per scomparire lasciando come unica sostanza molecole di H2O allo stato liquido) ritiene e cerca di far credere ai pazienti che tale acqua sia diversa dall’acqua normale, sia in qualche modo magica, miracolosa. Per l’omeopata infatti, l’acqua che si sostituisce completamente al principio attivo dei suoi prodotti sarebbe qualcosa di particolare grazie a dei trattamenti che vengono eseguiti in fase di preparazione: succussione e dinamizzazione.
Durante la diluzione le boccettine che contengono il preparato vengono scosse: secondo la teoria omeopatica tale scuotimento, che prende il nome di succussione, è ritenuto provocare la dinamizzazione dell’acqua. Il risultato di tale dinamizzazione, secondo alcuni omeopati, sarebbe quello di fornire all’acqua (che ricordiamo molte volte rimane l’unico componente del presunto medicinale) una memoria, una capacità di ricordare con quali molecole si è trovata a contatto nel procedimento di succussione, anche dopo che tali molecole siano completamente scomparse. Idee come questa, senza dubbio originali, pongono una serie di quesiti teorici, ma la cosa che più conta sono ovviamente gli effetti pratici.
13.3 Il test in doppio cieco: la misura dell’efficacia
Se una medicina funziona, poco importa se pone problemi teorici complessi o difficilmente superabili: si prende atto che funziona e questa è la cosa più importante. Per l’omeopatia ci sono seri problemi. Negli esperimenti scientifici finora fatti non si è ancora riusciti a dimostrare l’efficacia dei prodotti omeopatici, ovvero che i prodotti omeopatici superino l’effetto placebo.
Sperimentalmente si fa un test in doppio cieco, con l’uso di un medicinale finto, detto placebo. Né lo sperimentatore, né i pazienti sanno quali medicinali siano quelli da testare e quali siano i placebi per il controllo (da cui il nome doppio cieco). Ciò significa che somministrare a un gruppo di malati un prodotto omeopatico oppure un placebo non cambia la probabilità e le percentuali di guarigione. Non si è ancora riusciti a dimostrare in modo convincente l’acqua succussa e dinamizzata sia distinguibile in una qualsiasi maniera dall’acqua non succussa né dinamizzata.
Si badi bene che con questi risultati non si sta negando che vi possano essere delle persone che guariscono assumendo dei prodotti omeopatici: si sta però affermando che le percentuali di tali guarigioni non riescono a superare le guarigioni per effetto placebo e di conseguenza non sono attribuibili a una efficacia propria del preparato omeopatico. Ci si potrebbe chiedere: com’è possibile che i prodotti omeopatici siano in vendita in molte farmacie italiane, se è vero che non hanno mai dimostrato un’efficacia maggiore di un semplice placebo? In altre parole, com’è possibile che i prodotti omeopatici siano venduti in farmacia pur non avendo mai superato alcun test di efficacia?
13.4 La prova non richiesta e la libertà di scelta terapeutica
Una risposta c’è: i prodotti omeopatici possono essere venduti in farmacia grazie a una direttiva europea varata in loro favore. Ai preparati omeopatici non viene richiesto, come ad altri farmaci, di superare sia il test di innocuità sia il test di efficacia, ma soltanto di superare quello di innocuità. Per essere registrati e posti in vendita i farmaci che non sono omeopatici devono superare tre prove a garanzia del ciente: innocuità, qualità ed efficacia. Nel caso dei prodotti omeopatici si procede invece con la cosiddetta registrazione semplificata, in quanto per essi non è richiesta la prova dell’effetto terapeutico. Tale direttiva venne recepita dal parlamento italiano nel febbraio del 1994 e si tramutò in legge il 6/6/1995. I prodotti omeopatici, secondo la legge, possono essere registrati senza ottemperare alle esigenze di registrazione degli altri farmaci, i quali hanno l’obbligo di dimostrare la loro efficacia. È per questo motivo che, da un punto di vista strettamente legale, i prodotti omeopatici in vendita in farmacia sono definiti rimedi e non farmaci. Ovviamente, essendo i preparati omeopatici fatti di acqua ed eccipienti, va da sé che il solo test di innocuità lo superano brillantemente.
Ci si potrebbe a questo punto chiedere: perché è permesso che in farmacia si vendano dei prodotti che dimostrano soltanto di non essere nocivi e non, nel contempo, di essere anche efficaci? La risposta c’è, anche se sembra una presa in giro: si chiama libertà di scelta terapeutica. Siccome è giusto che i cittadini si curino come meglio credono, l’omeopatia resta in farmacia in nome della libertà.
Non tutti sono d’accordo però con questa definizione di libertà. C’è chi ritiene che “libertà di scelta terapeutica” debba significare libertà di scegliere fra differenti terapie la cui efficacia sia stata testata e dimostrata a garanzia del paziente. Altrimenti ci sarà chi si affida a certe cure senza immaginare cosa può esserci sotto. Come potrebbe un comune cittadino sospettare che l’autorevolezza di cui godono sia i medici sia le strutture farmaceutiche possa venire utilizzata in modo da abusare della sua fiducia per propinargli della semplice acqua al posto di una medicina?
13.5 Come nacque l’omeopatia
L’omeopatia venne fondata nel 1789 dal dottor Samuel Hahnemann (1755–1843), che ipotizzò un principio di similarità per curare i suoi pazienti. Tale principio essendo espresso con la massima similia similibus curentur, ovvero i simili si curino con i simili. Omeopatia infatti deriva dalle parole greche ómoios, che significa ‘stesso’, e páthos, che significa ‘malattia, disagio’. Secondo tale principio si poteva curare una malattia o un disagio somministrando al malato quella stessa sostanza che in una persona sana avrebbe provocato proprio quella malattia o quel disagio.
Applicando questo assunto in modo esplicito si arriverebbe ben presto a provocare banalmente dei danni alla salute. Per esempio, per far passare una sbornia, visto che il simile cura il simile, si potrebbe essere indotti a prescrivere uno sciroppo fatto di grappa; oppure, per riuscire dimagrire in modo omeopatico, si potrebbe decidere di trangugiare una quantità di pillole di lardo. Un’applicazione diretta del principio porterebbe evidentemente all’aggravarsi del disagio e non certo a una sua scomparsa. Per ovviare a questi inconvenienti, lo stesso Hahnemann aggiunse una importantissima clausola alla sua teoria: il principio attivo simile (la sostanza cioè che viene ritenuta responsabile del disagio, negli esempi precedenti l’alcool o i grassi) deve venire considerevolmente diluito in acqua prima di essere utilizzato per curare un qualsiasi paziente. Ma quanto diluito?Ai tempi in cui il dottor Hahnemann fondò l’omeopatia non era ancora diffusa la teoria molecolare della materia e nessuno poteva immaginare che 18 grammi di acqua contenessero un numero di molecole pari a 6,02×1023, il numero di Avogadro, scoperto dal chimico-fisico Amedeo Avogadro nel 1811. Perciò Hahnemann utilizzò diluizioni in acqua talmente spinte da finire per perdere ogni traccia dei diversi principi attivi che di volta in volta utilizzava. Senza poter rendersene conto, Hahnemann, pur partendo da sostanze diverse, produsse dei medicinali che contenevano solamente acqua. I suoi medicinali erano dunque completamente inutili, ma anche completamente innocui. Ed è per questo motivo che egli ebbe successo: ai suoi tempi era infatti prassi per i medici passare da un paziente all’altro senza lavarsi le mani, sostenendo che la loro sporcizia era una sporcizia professionale, e non era affatto rara la pratica del salasso per curare un po’ di tutto: le cure mediche di allora erano molto spesso nocive per il paziente. Il dare della semplice acqua e null’altro poteva dunque portare a un vantaggio: quello di non provocare danni.
Ad Hahnemann capitò quindi di avere una minor percentuale di decessi rispetto ai suoi colleghi, e questo lo incoraggiò a proseguire per la sua strada (questa scusante, valida per Hahnemann, non si può ovviamente accordare ai suoi odierni discendenti, i quali avendo studiato la chimica e la fisica sono consapevoli di cosa significa una certa diluizione). Nacque così l’omeopatia, la cui regola d’oro divenne: Ciò che in dosi ponderate causa la malattia nell’individuo sano, in dosi infinitesimali è di cura per l’individuo malato.
13.6 Le attuali dosi infinitesimali
Cosa intendono oggi gli omeopati per dosi infinitesimali o dosi deboli? Le diluizioni omeopatiche arrivano a percentuali di volume di preparato curativo su volume di acqua di 10-30, 10-60, 10-200 e oltre. C’è chi usa anche la 10-10.000 e pare vi sia come limite la 10-2.000.000. Questi numeri sono difficili da intuire, facciamo qualche esempio. Quando si scrive 10-30 (dieci alla meno trenta) si intende 1 diviso un numero fatto da un 1 seguito da 30 zeri. In questo modo 10-3 significa 1/1000, un millesimo, 10-6 un milionesimo, 10-9 un miliardesimo e così via.
Nei prodotti omeopatici queste diluizioni sono scritte nell’etichetta attraverso una sigla un po’ sibillina: CH oppure DH seguite da un numero. DH significa decimale e CH significa centesimale. DH20, per esempio, significa ventesima diluizione decimale ovvero 10-20; mentre CH20 significa ventesima diluizione centesimale che equivale numericamente a 10-40.
13.7 Un’aspirina CH9, una goccia sulla Terra…
Chiariamo perché tali diluizioni sono chiamate infinitesime: consideriamo una diluizione CH9 (in questo caso il principio attivo non scompare completamente perché 1 su 10-18 non supera il numero di Avogadro). Ma cosa significa, in pratica? Prendete una scatola di aspirine e leggete le istruzioni: ogni compressa contiene amido di mais e cellulosa in polvere come eccipienti e mezzo grammo di acido acetilsalicilico come principio attivo. Come si farebbe ad arrivare a una quantità di 10-18 grammi di principio attivo nel caso di una aspirina? Bisognerebbe spezzettare l’aspirina in cinquecentomila parti (operazione piuttosto difficile) e raccogliere uno di questi frammenti: ora si ha esattamente un milionesimo di grammo di acido acetilsalicilico, ovvero la frazione 10-6. Questa piccola parte va divisa amichevolmente con un migliaio di persone: resterà così una parte pari a 10-9. A questo punto, sempre che si sia in grado di vedere e tenere in mano il nostro millesimo di cinquecentimillesimo di aspirina, sciogliamolo in una grande piscina d’acqua, preparando poi un miliardo di boccettine: ecco fatto. Siamo arrivati a una delle meno spinte diluizioni omeopatiche: la CH9. Che fare con quel miliardo di boccettine? Un’idea: si possono curare tutti i Cinesi sofferenti di influenza. Così si consuma soltanto una parte su duecentocinquanta milioni della aspirina iniziale, perciò tutto il popolo cinese può stare tranquillo anche per l’anno prossimo, e per quello dopo ancora, e ancora per tanti e tanti milioni di anni.
Ma 10-18 non è poi granché. Consideriamo 10-30: significa che c’è una sola molecola attiva (cioè diversa dall’acqua) su un milione di litri di acqua. Si sa che 18 grammi di acqua sono costituiti da circa 1023 molecole, il numero di Avogadro. Una diluizione di 10-30 equivale a mettere un millesimo di grammo (ovvero 10-6 kg) sulla massa dell’intero pianeta Terra (il cui peso è circa 1024 kg).
Una diluizione di 10-60 significa invece (essendo tutta l’acqua presente sulla Terra fatta da circa 1046 molecole) che vi sarebbe una sola molecola attiva su centomila miliardi di volte la totalità dell’acqua presente negli oceani terrestri. A questo punto quante probabilità ci sarebbero di trovare almeno una singola molecola diversa dall’acqua fra i miliardi e miliardi di molecole presenti? Risulta molto più facile vincere 5 volte di seguito il primo premio alla Lotteria Italia.
13.8 Più il principio è diluito, più è forte il suo effetto
Un’altra cosa molto importante da ricordare è che secondo la teoria omeopatica tutt’oggi considerata valida, le diluizioni leggere (quelle attorno o sotto la 10⁻³⁰) sono indicate solo per i disturbi più lievi: più la malattia è grave più il principo omeopatico va ulteriormente diluito! Così per i problemi seri c’è la certezza matematica di essere curati soltanto con acqua pura…
13.9 Come si fa, nella pratica, a raggiungere certe diluizioni?
Non è un problema raggiungere diluizioni infinitesimali. Ecco una ricetta per raggiungere 10-30, cioè la quindicesima centesimale, CH15. Facciamo un esempio con l’inchiostro di china in acqua. Lo chiameremo “China Nigra CH30” e, per il principio del simile che cura il simile, sarà un rimedio contro le scottature solari (dato che la china è nera e se si sta al sole si diventa scuri).
Si mettono 15 bicchierini di acqua in fila; nel primo si aggiunge una goccia (un centesimo del volume del bicchiere) di inchiostro di china (si noti che potrebbe essere una qualsiasi sostanza, come propoli, belladonna o cianuro, non cambierebbe nulla alla fine del processo). Si mescola ben bene (pardon, si dinamizza) ottenendo la diluizione di un centesimo di china su acqua. Fatto questo, con una pipetta si raccoglie una goccia dal liquido del primo bicchiere e la si versa nel secondo, che conteneva solo acqua, raggiungendo la diluizione di un decimillesimo. Si rimescola e si procede di nuovo travasando una gocciolina dal secondo al terzo, poi dal terzo al quarto e così via, fino al quindicesimo bicchiere. Fatto questo, nell’ultimo bicchiere la quantità della sostanza iniziale (il principio attivo) è 10-30 rispetto alla quantità d’acqua: il che significa, fisicamente, che non ce n’è più.
13.10 L’omeopatia può essere comparata al vaccino?
Passiamo adesso a smontare un’altra piccola bugia che spesso propinano i venditori di prodotti omeopatici per far credere che l’omeopatia abbia un fondamento scientifico: il confronto con l’idea del vaccino. Il seguente esempio aiuta a distinguere il meccanismo con cui dovrebbe funzionare il prodotto omeopatico dal meccanismo con cui funziona un vaccino. Il vaccino funziona immettendo dei batteri deboli o disattivati (in numero diverso da zero, però!) nell’organismo affinché questo produca gli anticorpi e resista a un eventuale successivo attacco batteriologico.
La teoria che sta alla base del prodotto omeopatico è invece completamente diversa: essa prevede l’assunzione dell’agente patogeno (o meglio dell’acqua dove precedentemente una infinitesima parte dell’agente patogeno aveva forse fatto il bagno) dopo che l’attacco all’organismo è già avvenuto.
Si pensi alla seguente situazione: c’è un forte di soldati, è notte e stanno tutti dormendo. Il vaccino funzionerebbe così: arrivano tre indiani malaticci ad attaccare il forte; i soldati si svegliano, sconfiggono i tre indiani e rimangono desti ad aspettare armatissimi il grosso della tribù (che in questo esempio rappresenta la malattia, senza offesa per gli indiani). L’omeopatia invece dovrebbe funzionare così: i soldati stanno dormendo e una tribù indiana li attacca all’improvviso. A metà del combattimento si inseriscono nel forte (per salvarlo) tre piume d’indiano diluite in cento miliardi di oceani terrestri sottoforma di comodi bicchierini. Arrivano i nostri.
13.11 L’acqua che male fa?
Qualcuno dice che i prodotti omeopatici, proprio perché sarebbero fatti di acqua, non possono fare male a nessuno. Questo è vero, l’omeopatia è infatti ottima per le persone sane. Ma può causare seri danni alle persone che sono malate. Se una persona ha bisogno di cure farmacologiche diverse dal placebo, assumendo prodotti non efficaci trascura di fatto la propria malattia. Perdere settimane o mesi confidando in prodotti privi di qualsiasi garanzia, porta alla fine a serie conseguenze. Purtoppo l’informazione veicolata dalla televisione e dai giornali non è incoraggiante: le ultime statistiche rendono noto che in 13 casi su 14 le medicine alternative vengono proposte con entusiamo, senza alcuna considerazione critica, per il solo fatto di essere alternative. Come se questo significasse qualcosa di buono e di bello, a prescindere da tutto.
Approfondimenti
La bilocazione
In parapsicologia la bilocazione consiste nella presenza contemporanea di una persona in due luoghi diversi. Nota anche col nome di sdoppiamento, proiezione astrale o viaggio fuori dal corpo, permette, secondo chi la pratica, non solo di sentirsi, ma anche di trovarsi realmente in due posti diversi contemporaneamente.
Qualche anno fa mi capitò di parlare con il relatore di una conferenza sulle esperienze fuori dal corpo. Egli stesso, diceva, era in grado di uscire dal corpo (cadendo in trance) e di viaggiare nel piano astrale, potendo per esempio entrare in un’altra stanza, vedere cosa c’era e poi descrivere tutto nei minimi particolari.
Gli chiesi se, entrando in un’altra stanza, egli avrebbe potuto anche leggere un numero scritto a sua insaputa su un biglietto che si trovava in quella stanza e poi, uscito dalla trance, riferirlo correttamente.
— Certo! mi rispose, Ho già fatto cose come questa.
— Sarebbe fantastico!, continuai io, Lei dimostrerebbe a chiunque che il viaggio astrale ha dei riscontri oggettivi, che non può essere una semplice sensazione soggettiva. Sarebbe disponibile per un esperimento?
— Non vedo il problema; come le ho detto ho fatto questa esperienza già molte volte.
— Bene, ci saremo io, lei e un prestigiatore che controllerà…
— Cosa c’entra il prestigiatore?
— Be’, sarebbe presente per assicurare che non ci siano trucchi. Leggere un numero scritto in una busta che si trova in un’altra stanza, come sa, è un classico trucco del mentalismo…
— No, senta, se lei arriva col prestigiatore allora anch’io porto i complici.
— I complici? Ma cosa c’entrano i complici?
Per farla breve, rifiutò di partecipare a qualsiasi esperimento che vedesse la presenza di un prestigiatore fra le persone dedicate ai controlli.
Nelle pseudoscienze c’è chi distingue la bilocazione dallo sdoppiamento, sostenendo che nella bilocazione la persona non avrebbe alcuna coscienza di trovarsi in due posti diversi, mentre nello sdoppiamento sì. In questo caso la bilocazione, di tipo non cosciente, sarebbe un fenomeno paranormale a seconda di come vengono interpretati certi fatti.
Una persona che avesse questo dono, potrebbe scoprire di essersi effettivamente bilocata soltanto se, e quando, un’altra persona riferirisse l’accaduto.
Supponiamo che Ubaldo sia in grado di bilocarsi e che un amico lo noti e glielo comunichi. La conversazione potrebbe andare così.
— Ciao Ubaldo! Come va? Ieri ti ho visto al Carnevale di Venezia, ma non mi hai neanche salutato.
— Come ieri? Ieri quando? Dove?
— Saranno state le tre del pomeriggio, eri in gondola nel Canal Grande, vicino al Ponte di Rialto, perché?
— Ma io alle tre del pomeriggio ero a casa mia e stavo guardando alla tv uno speciale sull’oroscopo cinese. Mi ricordo beniss… O santo cielo, devo essermi bilocato di nuovo!
— Eh già… è senz’altro così. Adesso che ci penso, mi viene in mente che ti sei anche girato verso di me e mi hai fissato: eri proprio tu!
Chi ritiene di potersi bilocare in questa maniera, interpreta in modo occulto dei fatti che possono capitare a chiunque. Essere visti da qualcuno in posti dove non siamo mai stati è significativamente diverso dall’essere veramente stati contemporaneamente in due posti diversi. Lo scambio di persona, per somiglianza, per errore o per interpretazione, è molto diffuso.
C’è poi un altro aspetto da considerare: la persona che crede di potersi bilocare può cadere vittima degli scherzi degli amici. Voi resistereste alla tentazione di approfittarne? Certamente sì, perché siete delle brave persone. Ma sapete bene che in giro c’è gente capacissima di questo e altro.
Questo tipo di bilocazione ha dunque una spiegazione non paranormale che si basa sulla somiglianza che esiste fra alcune persone, sullo scherzo goliardico e sulla psicologia della percezione.
Riguardo alla psicologia della percezione, è interessante il caso delle trasmissioni televisive dedicate alla ricerca di persone scomparse. In Italia, durante le trasmissioni titolate Chi l’ha visto?, veniva fatta vedere la foto di una persona per ottenere informazioni telefoniche dai telespettatori. Poteva capitare, dopo pochi minuti, che da tutta Italia giungessero sincere telefonate di avvistamento, come se la persona cercata avesse il dono dell’ubiquità.
Lo sdoppiamento o la bilocazione, intesi come veri fenomeni paranormali, attendendono ancora che qualcuno ne provi l’esistenza. Un semplice esperimento potrebbe togliere ogni dubbio: sdoppiarsi a un metro di distanza da se stessi, rimanendo visibili nella stessa stanza. Le persone che dicono di bilocarsi o di sdoppiarsi non sono mai riuscite in questa impresa.
Sogni premonitori
Se registrassimo i sogni che una sola persona ha fatto negli ultimi 10 anni ricaveremmo circa 5000 ore di video, l’equivalente di 6 mesi ininterrotti di telefilm, girati negli ambienti e nelle situazioni più disparate, con i copioni più bizzarri e fantasiosi. È davvero così strano che qualche cosa che abbiamo sognato ogni tanto capiti nella realtà? Non sarebbe invece molto più strano se i sogni non si avverassero mai?
Ci sono due qualità dei sogni premonitori che rendono molto facile il loro avverarsi.
La prima è che si definisce premonitore anche un sogno che si avvera solo in parte, oppure che si avvera con sostanziali differenze. Per esempio, se sogniamo che la nostra amica Sara si fa male sciando e poi veniamo a sapere che è caduta con la bicicletta, le potremo raccontare che sentivamo che avrebbe avuto dei guai con lo sport. Oppure, se sogniamo che Paolo non parteciperà alla nostra festa di compleanno e poi succede che arriva in ritardo, cosa diremo? Che il sogno ci aveva avvertito… La seconda caratteristica che aiuta i sogni a essere interpretati come premonitori, dipende dalla loro definizione: il fatto di essere premonitore è una qualità che si può appurare solo a posteriori, cioè dopo un po’ oppure dopo molto tempo, in maniera molto elastica.
Se facciamo un sogno e dopo un mese non si avvera nulla di quel sogno, nemmeno qualcosa che gli somigli anche solo alla lontana, cosa pensiamo? Niente di grave, concludiamo semplicemente che non era un sogno premonitore. Ma se poi, magari fra un anno, ci capita qualcosa che ci ricorda quel sogno? Ecco che il sogno diventa premonitore.
A causa di questo meccanismo l’utilità pratica dei sogni primonitori è zero. Chi crede ai sogni premonitori, infatti, vorrebbe sapere subito se un certo sogno che ha fatto è un sogno premonitore oppure no, in modo da regolarsi e prendere gli eventuali provvedimenti. Altrimenti a cosa serve?
C’è poi da dire che se ci si appassiona al concetto di premonizione, tutti i sogni saranno per forza visti come premonitori. Se infatti facciamo un sogno che non trova proprio nessun riscontro con quello che ci capita da svegli (cosa molto rara), possiamo sempre pensare che il sogno abbia voluto parlarci per simboli, per astrazioni, per paradossi, per ossimori. Sarà facile aggiustare le cose perché funzionino sempre.
Strane coincidenze
Una certa visione della realtà, la voglia di mistero insita in tutti noi e la scarsa conoscenza della statistica (spesso poco o addirittura anti intuitiva) possono portare alcune persone a vedere il paranormale anche nei più banali avvenimenti quotidiani: le cosiddette “strane coincidenze”.
Ora, qualsiasi coincidenza ci accada, ci apparirà sempre strana. Le coincidenze sono esperienze che colpiscono l’attenzione. Di un fatto raro o emotivamente rilevante si cerca una spiegazione che vada al di là della pura casualità: una spiegazione occulta, paranormale, può dare più soddisfazione.
Le persone che vogliono credere di aver vissuto un’esperienza paranormale dicono: Non può essere stata una coincidenza. Il corollario di questa interpretazione è che le coincidenze non possono esistere… non esistono mai. Secondo la statistica, invece, non solo non c’è niente di strano negli eventi rari, ma questi eventi, di tanto in tanto, devono verificarsi per forza. Fra questi eventi rari ve ne sono alcuni di ancor più rari, dai quali vedono la luce le famose incredibili coincidenze che secondo i fautori del paranormale non possono proprio essere delle coincidenze.
Paradossalmente, saremmo invece di fronte a un fatto veramente strano e paranormale proprio se queste incredibili coincidenze non si verificassero.
Pensiamo alla lotteria Italia: sappiamo che tutti gli anni ci sarà una persona che vincerà il primo premio, nonostante ogni biglietto abbia una probabilità irrisoria di essere vincente. Ma chi alla fine risulterà vincitore si sentirà in dovere di giustificare a se stesso e agli altri questo evento così raro ricorrendo a qualche spiegazione.
Racconterà di come, al momento di acquistare il biglietto, sentiva che sarebbe successo qualcosa di incredibile. Sì, adesso che ci pensa meglio, se lo sentiva veramente.
Viceversa, chi comprerà il biglietto con il numero immediatamente precedente, racconterà di come sentisse dentro di sé che stava commettendo un orribile errore.
La cosa buffa è che il proprietario del biglietto che si va a trovare nella pallina immediatamente più vicina a quella scelta, dato che non saprà mai di essere stato a un soffio dalla vittoria, non sentirà niente di strano, nemmeno un brivido. Il suo numero sarà infatti completamente diverso da quello vincente.
Progetto Alpha
Nel campo della parapsicologia può capitare di indagare su strani fenomeni e su individui che affermano di avere poteri paranormali, capacità extrasensoriali.C’è chi afferma di spostare gli oggetti col pensiero, o di saper leggere nel pensiero o prevedere il futuro. C’è chi dice di sentire la presenza dell’acqua (rabdomanzia) o di emettere un fluido curativo dalle mani o molte altre cose ancora.
È capitato in passato che poteri paranormali, effetti miracolosi di medicine alternative, fenomeni occulti e altro ancora siano stati avallati da testimoni oculari di rilevante valore scientifico. Medici illustri, scienziati e anche premi Nobel hanno creduto, tanto per fare un esempio, alla levitazione dei medium e alla produzione di ectoplasmi nelle sedute spiritiche.
Per indagare questo tipo di fenomeni lo scienziato non basta. Dove c’è il richio di frode o di illusione serve la presenza di un esperto di frodi e di illusioni: un illusionista.Il grande Houdini, oltre che grande esperto di illusionismo e di escapologia (l’arte di liberarsi da catene e lucchetti in situazioni estreme), fu un abile smascheratore di medium e ciarlatani.
La sua eredità non è andata persa e anche in tempi più recenti c’è chi, come il famoso illusionista americano James Randi, sostiene che nelle prove e negli esperimenti coi presunti sensitivi sia utile la presenza, assieme agli scienziati, di un prestigiatore esperto.L’episodio che segue, accaduto fra il 1979 e il 1983, conferma questo fatto.
Nel 1979 il McDonnell Laboratory for Psychical Research di St. Louis, un laboratorio di parapsicologia americano, lanciò un appello per trovare persone dotate di poteri paranormali disposte a sottoporsi a esperimenti scientifici. La ricerca venne chiamata Progetto Alpha.
Fra le varie persone che si presentarono alla sperimentazione, vi furono due ragazzi, Michael Edwards e Steve Shaw, che superarono brillantemente i test preliminari e si dimostrarono soggetti particolarmente dotati. Erano capaci, per esempio, di piegare materiali di metallo con il pensiero, indovinare disegni nascosti in buste chiuse e muovere oggetti senza toccarli.
Il prestigiatore James Randi, che era a conoscenza degli esperimenti che si stavano eseguendo a St. Louis, si mise in contatto con i parapsicologi del laboratorio che organizzava le prove e li avvertì del rischio di subire imbrogli. Mandò loro anche una serie di suggerimenti, descrivendo vari metodi che potevano essere utilizzati per simulare dei poteri paranormali e si raccomandò di rafforzare i controlli.I ricercatori, guidati da Peter R. Phillips, esaminarono i suggerimenti di Randi ma non li ritennero interessanti. Secondo loro i due giovani che stavano esaminando non potevano assolutamente servirsi dei trucchi descritti da Randi; rifiutarono inoltre le proposte di collaborazione che Randi offrì.Le ricerche vennero condotte per ben tre anni e finalmente arrivò il momento di pubblicare i risultati ottenuti: i parapsicologi erano sicuri di essere riusciti a registrare degli autentici fenomeni paranormali.
A questo punto, però, ci fu un colpo di scena: il 28 gennaio 1983 James Randi convocò una conferenza stampa e rivelò ai giornalisti che Michael Edwards e Steve Shaw, i due giovani studiati a St. Luis, erano in realtà due prestigiatori dilettanti. Non solo, li aveva mandati lui stesso al laboratorio parapsicologico perché si fingessero sensitivi.Lo scopo dell’esperimento, chiaramente riuscito, era di dimostrare che gli scienziati possono lasciarsi imbrogliare facilmente, come chiunque altro non abbia una conoscenza approfondita delle tecniche di illusionismo. Non fa parte del loro mestiere, infatti, scoprire i trucchi.
In seguito alla rivelazione di Randi, il laboratorio fu chiuso.
La sfida di Randi
Il curioso fatto che i sensitivi esplichino con destrezza le loro incredibili capacità paranormali di fronte a medici, scienziati, premi nobel, avvocati eccetera, ma diventino dei comunissimi esseri umani dotati di soli 5 sensi ogniqualvolta si trovino di fronte a un prestigiatore, ha portato più di qualcuno a sospettare che ci sia sotto qualcosa.
James Randi ha proposto più di vent’anni fa un considerevole premio in denaro per chiunque riesca a dimostrare, in condizioni di controllo, di avere capacità paranormali. Il premio, di oltre un milione di dollari, non è ancora stato vinto.
Chiunque sia in grado di dimostrare l’esistenza di un qualsiasi fenomeno paranormale a sua scelta (telepatia, veggenza, psicocinesi, levitazione, rabdomanzia, esistenza dei nodi di Hartmann ecc.) si può fare avanti. I dettagli della sfida si trovano sul sito del Cicap.
Randi dice che quei soldi sono più al sicuro che in banca. Fino ad oggi, le persone che hanno accettato la sfida di Randi hanno fallito; oppure, in qualche caso, hanno cambiato idea all’ultimo momento e non si sono presentate all’appuntamento con gli sperimentatori.
Fotografia Kirlian
Secondo i cultori del paranormale la fotografia kirlian permetterebbe di vedere l’aura vitale o di dimostrare l’esistenza di misteriose bioenergie. Le fotografie fatte con la tecnica Kirlian mostrano infatti, attorno a una foglia o una mano, suggestivi aloni colorati, corone luminose.
I pranoterapeuti, che affermano di guarire le persone con l’energia che sprigionerebbe dalle loro mani, utilizzano la fotografia Kirlian per dimostrare di avere un’aura particolarmente sviluppata o di emettere in grande quantità dei non meglio specificati “biofotoni”. Non è raro trovare, fra occultisti, guaritori e pranoterapeuti, fotografie di questo tipo messe in bella mostra sulla parete, vicino a diplomi e riconoscimenti.L’effetto Kirlian però non ha nulla di paranormale: dipende solo dal particolare processo fotografico con cui si ottiene. Deve il suo nome allo scopritore Semyon Davidovich Kirlian, un tecnico russo, riparatore di macchine fotografiche che nel 1939 scoprì il fenomeno.
Nel procedimento di ripresa si deve posare l’oggetto su una pellicola fotografica (o su una lastra di vetro con sotto la macchina fotografica) dove viene fatta passare una scarica elettrica: si ottengono così le suggestive immagini circondate da aloni di vari colori.
L’aura vitale, le bioenergie o il fluido dei pranoterapeuti non c’entrano nulla: gli aloni si ottengono anche fotografando un chiodo, una chiave inglese o qualsiasi altra cosa. Le luci che si vedono sono dovute infatti ai gas presenti nell’aria che circonda l’oggetto che viene fotografato: questi vengono ionizzati dal campo elettrico durante il passaggio della corrente.
La lottologia e la legge dei grandi numeri
Fra le persone che si dedicano al gioco del Lotto ve ne sono alcune che tengono in gran conto la statistica, convinte che possa servire per determinare quei numeri che avrebbero le maggiori probabilità di essere vincenti. Secondo queste persone, gli eventi associati alle uscite dei 90 numeri del Lotto non sarebbero del tutto equiprobabili: i numeri che non si presentano da molto tempo avrebbero infatti maggiori possibilità di essere estratti. A partire da questa credenza sono nati il concetto di “numero ritardatario” e l’approccio statistico-sistemistico che si autodefinisce “lottologia scientifica”.
Queste opinioni non hanno in realtà alcun fondamento scientifico. Esse si basano su un’errata interpretazione della legge dei grandi numeri. La formulazione della legge dei grandi numeri, purtroppo, si presta a essere male interpretata per colpa di una distinzione temporale che viene dimenticata dai lottologi quando si dedicano ai concetti di probabilità e di frequenza statistica. Vediamolo in dettaglio.
Probabilità classica, frequenza statistica e legge dei grandi numeri
Consideriamo il lancio di una moneta: esistono due esiti possibili, ‘testa’ o ‘croce’. Se la moneta non è truccata, sappiamo che entrambi questi esiti hanno le medesime probabilità di verificarsi, sono cioè equiprobabili. Supponiamo di puntare sull’uscita dell’evento ‘testa’. Il calcolo delle probabilità di vincere è banale: la probabilità (classica) di un evento è data dai casi favorevoli (quelli cioè in cui l’evento può accadere) diviso il numero di casi possibili. Il risultato è 1 su 2, cioè 0,5.
Come si vede dall’esempio la probabilità di un evento è un numero compreso fra zero e uno (per comodità, se ne esprime il valore in percentuale, così 0,5 diventa il 50%). È possibile dare un significato, coerente con la definizione, anche ai due estremi dell’intervallo di valori associati alle probabilità: lo zero rappresenta un evento impossibile e l’uno un evento certo. I casi di ‘testa’ o ‘croce’ stanno dunque nel mezzo.
A questo approccio di tipo teorico, si affianca un approccio di tipo sperimentale: il lanciare effettivamente la moneta un certo numero di volte per vedere poi che cosa succede. Si introduce quindi il concetto di frequenza statistica di un dato evento. Continuiamo col semplice esempio del lancio di una moneta. Supponiamo di lanciarla 10 volte di seguito e che gli esiti siano 7 volte ‘testa’ e 3 volte ‘croce’. Si definisce frequenza di un evento sperimentale il numero delle volte che l’evento si verifica diviso il numero totale delle prove eseguite. In base a questa definizione, la frequenza dell’evento ‘testa’, nelle nostre ipotesi, è dunque 7 su 10 (cioè 0,7), mentre la frequenza dell’evento ‘croce’ è 0,3. Le due frequenze, com’è noto, possono discostarsi significativamente dalle relative probabilità (che valgono entrambe 0,5).
Supponiamo ora di lanciare la moneta 100 volte anziché 10. Di nuovo le due frequenze potranno discostarsi dalle relative probabilità, ma si noterà sperimentalmente che il disaccordo sarà, con più facilità, percentualmente inferiore. In pratica, se è frequente che con 10 lanci possa venire per 7 volte ‘testa’, è molto più difficile che con 100 lanci venga per 70 volte ‘testa’ (il valore necessario per avere ancora una frequenza relativa pari a 0,7). Capiterà invece più comunemente di ottenere magari 60 volte una faccia della moneta e 40 volte l’altra, così le due frequenze potrebbero arrivare a 0,6 e 0,4.
Se i lanci fossero però un migliaio o ancor di più anche due frequenze vicine a 0,6 e a 0,4 risulterebbero rare: è infatti piuttosto improbabile che esca per 600 volte ‘testa’ e per 400 volte ‘croce’ (o viceversa) su un totale di 1.000 prove.
Quello che si può scopre è che all’aumentare del numero di prove eseguito, le frequenze relative dei due eventi si avvicinano al valore delle rispettive probabilità. Questo è il significato della legge dei grandi numeri. Si noti che la frase dice “all’aumentare del numero di prove” e non “dopo un elevato numero di prove”. La differenza concettuale fra un’interpretazione corretta o errata della legge sta tutta qui.
Il decimo lancio e i suoi possibili esiti
Approfondiamo questa distinzione con un esempio concreto. Supponiamo di lanciare la moneta per 9 volte di seguito e di ottenere sempre ‘testa’. Anche se è improbabile, può succedere. A questo punto lanciamo per la decima volta in aria la moneta e vediamo cosa accade.
Mentre volteggia, approfittiamone per fare una riflessione. Noi sappiamo bene che la moneta ha due facce e che ognuna di esse ha pari possibilità di uscire, altrimenti la moneta sarebbe truccata. Sappiamo anche, però, che da ben 9 volte l’evento ‘croce’ non si manifesta, e un tale comportamento ci appare bizzarro. Siamo dunque fortemente tentati di credere che la faccia con la ‘croce’ abbia in qualche modo un diritto di rivalsa. Se poi consideriamo (un po’ frettolosamente) la legge dei grandi numeri, possiamo anche cercare un sostegno scientifico a questa nostra sensazione.
Se all’aumentare delle prove le frequenze vanno aggiustandosi, pensiamo, significa che le discordanze con la probabilità classica vanno via via bilanciandosi: allora l’evento ‘croce’ deve avere qualche possibilità in più di verificarsi rispetto all’evento ‘testa’. Puntiamo quindi su ‘croce’.
Un altro scommettitore, proprio di fianco a noi, sta intanto facendo un ragionamento del tutto opposto al nostro. Dopo aver visto uscire (con i suoi stessi occhi) per ben 9 volte ‘testa’, gli viene naturale pensare: Perché dovrei puntare i miei soldi sulla ‘croce’ che, sperimentalmente, ha dimostrato di presentarsi di meno? Se è vero che la storia insegna qualcosa… e punta sull’evento ‘testa’.
Chi fa la scelta più ragionevole? Da una parte si invoca la legge dei grandi numeri, dall’altra una sorta di propensione caratteristica della moneta. Guardiamo di nuovo la moneta che volteggia in aria e facciamo un’ultima considerazione: la moneta ha forse modo di sapere ciò che è accaduto nei 9 lanci precedenti? E se non può conoscere il passato, poiché è solo un pezzo di metallo, come può modificarsi la probabilità a essa associata, sbilanciandosi da una parte o dall’altra? Quale strano influsso potrebbe subire, l’ignara moneta?
Equiprobabili, nonostante tutto
Le probabilità che esca ‘testa’ oppure ‘croce’ al decimo lancio sono ancora esattamente pari a 0,5. Questa è la realtà. Entrambi i giocatori possono vincere come perdere, nessuno dei due è più furbo o più accorto dell’altro, perché nessuna delle due giocate risulta più probabile dell’altra. Sia l’evento ritardatario sia l’evento storicamente più frequente rimangono saldamente ancorati al loro 50%.
E questo non è in alcun modo in contraddizione con la legge dei grandi numeri. Caratteristica peculiare della matematica è infatti il non essere auto-contraddittoria, e il calcolo delle probabilità è una branca della matematica.
Vediamo come si spiega il fatto che al decimo lancio i due eventi sono ancora equiprobabili nonostante vi siano stati prima 9 lanci con l’uscita dell’evento ‘testa’. Come accennato, la legge dei grandi numeri non dice dopo un elevato numero di prove…, ma all’aumentare del numero di prove…. Pensare che dopo 9 lanci si tenda all’equilibrio è dunque un’interpretazione scorretta della legge, che porta inevitabilmente a costruire teorie pseudoscientifiche.
La legge, infatti, dice che più l’insieme di lanci che si considera è grande, più è difficile che le frequenze statistiche si discostino di molto dalle relative probabilità. Ma in queste valutazioni non si può mai considerare un dopo o un durante. Il concetto di probabilità, infatti, è un concetto squisitamente a priori.
Nelle ipotesi del nostro esempio, l’uscita dell’evento complessivo testa per 9 volte di seguito è ormai un fatto già accaduto (quindi la sua probabilità è 1, ovvero è cosa certa), perciò non ha alcun senso utilizzare una tale informazione per successive valutazioni statistiche. Quindi, ogni volta che si lancia la moneta, si riparte sempre da zero. La stessa definizione di evento ritardatario si basa su un errore concettuale: quello di stabilire arbitrariamente un’origine dell’asse del tempo. Infatti, solo quando si decide di contare la frequenza di un evento a partire da un certo ‘adesso’ si può ottenere una valutazione del ritardo. Ma cosa sappiamo noi della ‘vera storia’ di una moneta? Non potrebbe darsi che, proprio cinque mesi prima del nostro giochino, quella stessa moneta fosse stata lanciata da altre persone e si fosse presentata per 9 volte di seguito, o anche 18 volte, la ‘croce’? Oppure: non potrebbe esserci, a mille chilometri da noi, un’altra moneta simile che da ben 9 volte non presenta la ‘testa’? È chiaro che elucubrazioni di questo tipo ci portano inevitabilmente fuori dalla scienza statistica…
Anche nel caso del Lotto…
Il discorso fatto per la moneta vale, ovviamente, anche per le estrazioni del Lotto. I numeri del Lotto sono infatti anch’essi equiprobabili (se la ruota non è truccata) e la probabilità che ognuno di essi si presenti è sempre di 1 su 90. Così pure nel SuperEnalotto: non possono quindi esistere sestine più probabili (da tenere) e sestine meno probabili (da scartare), come riescono a far credere i sedicenti esperti di sistemi.
Chi vuole giocare i numeri ritardatari o quelli più frequenti attraverso complicati sistemi lottologici, deve sapere che si sta affidando alla scienza né più né meno di chi va da un mago per farsi predire il prossimo Terno.
Grafologia popolare
La grafologia nacque col proposito di individuare le caratteristiche psicologiche e morali di una persona sulla base della sua scrittura. Iniziata da C. Baldi nel 1600, trovò una definizione formale con l’abate J.H. Michon nel 1800 che ne diede il nome e ne studiò e classificò i segni grafici. Ricevette grande impulso dalla psicoanalisi e in Italia, nel 1935, Moretti introdusse un metodo analitico di valutazione dei segni.
Attualmente lo studio della grafia trova applicazione nella psicologia clinica, in campo legale e ovunque le perizie calligrafiche possano servire a definire la paternità dei manoscritti.
Ma le cose non si fermano qui. Accanto a questa grafologia, ne esiste un’altra, molto più potente e interessante, che potremmo definire grafologia popolare. Questa grafologia pretende di poter leggere il carattere le attitudini intellettuali, il partner ideale e molto altro ancora riguardo una persona, a partire dalla sua grafia, dal suo modo di scrivere.
Questa credenza, molto diffusa, non è ancora stata dimostrata sperimentalmente. Anzi, esperimenti condotti negli Stati Uniti da James Randi hanno appurato che i metodi della grafologia non riescono a superare i test in doppio cieco per distinguere la professione degli esaminati.
Questo modo d’intendere la grafologia raggiunge il livello più basso nei baracconi da fiera in cui si propone la divinazione della personalità attraverso una analisi computerizzata della firma. In questo caso sarebbe altrettanto efficace dedurre la personalità dall’analisi computerizzata dei fondi di caffè.
Tutto ciò non va confuso con la grafologia seria, che non ha alcuna pretesa divinatoria e si occupa di studiare la scrittura allo scopo di stabilire la paternità degli antichi manoscritti, di condurre perizie calligrafiche, o di affiancarsi nella diagnosi di certe psicosi. Nonostante tutto la grafologia popolare gode di vasto credito e appare, a molti, cosa più seria dell’astrologia: le basi teoriche e sperimentali sono invece ugualmente disastrose.
Ci sono aziende, molto poche per fortuna, dove la selezione del personale può avvenire anche in base alla scrittura. In certe inserzioni di ricerca del personale ci si può imbattere nella frase manoscrivere curriculum. Questo è il triste segnale che forse dietro (o dentro) un direttore del personale aleggia (o si cela) un grafologo… così si può essere scartati perché si scrivono le ‘a’ troppo inclinate a sinistra, chiaro indice di pessimismo.
Psicofonia
Nel campo molto delicato dei lutti familiari c’è chi se ne approfitta promettendo di fornire le voci dall’aldilà delle persone che non ci sono più.
La psicofonia consiste infatti nel registrare la voce di una persona defunta per mezzo di audiocassette e normali registratori.
Esistono due casistiche: il suono molto confuso da interpretare oppure il suono limpido e perfettamente chiaro.
Per la psicofonia che fornisce suoni poco chiari, segnali molto distorti, sovrapposti, fruscii e cose di questo tipo, il discorso è puramente percettivo e dipende dall’interpretazione. I nostri sensi tendono a riconoscere forme, oggetti, suoni significativi ogniqualvolta si trovano di fronte a qualcosa di confuso o privo di senso. Si possono vedere dei volti in macchie accidentali, udire frasi compiute in suoni casuali.
Lo psicofonista, in questi casi, interpreta la frase attingendo a somiglianze con qualsiasi lingua.
Esperimenti condotti da Marco Morocutti con strumentazioni ad alta sensibilità hanno mostrato come fruscii e suoni confusi interpretati come messaggi dall’aldilà avessero normale origine terrestre.
Un discorso a parte va fatto per l’altro tipo di psicofonia: qui il medium fornisce su richiesta audiocassette con messaggi perfettamente intelleggibili.
La voce che si sente, però, è la voce dello stesso medium che per fare il lavoro si porta a casa la cassetta e dopo qualche settimana fornisce il reperto.
Ufologia contattista
Per ufologia contattista non si intende l’osservazione di oggetti volanti non identificati, ma l’osservazione di oggetti volanti perfettamente identificati come astronavi aliene provenienti da altri pianeti sbarcate sulla Terra per entrare in contatto con noi. Uno dei contatti più tipici è il rapimento della gente.
Nei casi di contatto o di rapimento le prove che vengono portate a supporto risultano purtroppo inconsistenti: ci si deve fidare degli aneddoti. Mai nessuno è ancora riuscito a portare a casa, dopo uno stupefacente viaggio di questo tipo, un qualsiasi manufatto alieno o almeno un semplice rullino fotografico ben sviluppato.
Una cosa significativa (e inquietante) che riguarda i soggetti vittima di rapimento alieno è il modo in cui questi formano il ricordo dei fatti. I cosiddetti rapiti ricordano di essere stati rapiti per via di processi che non hanno direttamente a che fare con la memoria del rapimento: il ricordo nasce infatti dall’induzione ipnotica.Quando leggiamo di un tizio che racconta di essere stato rapito da un’astronave aliena non è perché, come crediamo tutti, ricorda benissimo lo sconvolgente fatto. È perché qualche abile “psico-ufologo” senza scrupoli gli ha fatto notare certe cose e di conseguenza gli ha indotto una serie di dubbi e poi di ricordi che inizialmente non c’erano. Ecco come potrebbe andare la conversazione (in modo più realistico di quanto s’immagini) fra il dottor Alvise, psico-ufologo, e il signor Riccardo, comune mortale che scopre si essere stato rapito da un ufo.
— Allora Riccardo, raccontami ancora di quella notte del 4 aprile quando tornasti dalla festa di addio al celibato del tuo amico Giovanni.
— Non ricordo bene, dottor Alvise, so che sono tornato a casa molto tardi. Saranno state forse le quattro del mattino.
— Mi avevi detto di aver lasciato la festa all’una di notte.Sì, mi pare che fosse l’una…
— Dalla casa di Giovanni a casa tua sono al massimo due ore di auto. Perché ce ne hai messe tre, Riccardo?
— Non lo so dottor Alvise… forse ho avuto un contrattempo. Oppure ho cambiato strada. Non ricordo bene.
— Non ricordi bene? Non è invece che hai un vuoto di memoria?
— Un vuoto?
— Sì, e questo vuoto non è per caso provocato da un blocco?
— Un blocco?
— Già, un blocco. Un blocco traumatico. Un trauma.
— Un trauma?
— Peggio: un’esperienza orribile e sconcertante.
— Orribile e sconcertante, dottor Alvise? Ma cosa può essermi successo?
— Tu Riccardo non ricordi perché hai paura di ricordare. Paura di rivivere gli eventi di quella fatidica ora: l’ora di vita che hai rimosso!
— Rimosso?
— Vieni con me: facciamo una seduta di ipnosi regressiva.
E così, per incanto, il dottor Alvise apre la mente del signor Riccardo, il quale riesce finalmente a ricordare che fra le due e le quattro di notte del 4 aprile, mentre rincasava solo nella sua auto, un oggetto luminoso gli si è parato davanti e ne sono scesi due strani esseri che l’hanno prelevato e portato sulla loro astronave…
L’esperimento dei tarocchi rovesciati
Durante il Natale di qualche anno fa, un caro amico di nome Francesco trovò nel panettone una simpatica sorpresa: una scatolina con le carte dei tarocchi e un piccolo foglietto contenente, fitte fitte, le istruzioni necessarie per disporre le carte e leggerne il significato.
Francesco leggiucchiò le istruzioni e cercò di memorizzare i significati principali delle carte. Dopo averle mescolate, bisognava disporle in una figura sibolica: il centro rappresentava la situazione del momento, la sinistra il passato e la destra il futuro. Sopra c’era la personalità dell’anima gemella e sotto la personalità della persona sottoposta alla lettura. C’erano moltissime varianti alla figura e ogni carta poteva avere più significati. Ma la cosa che lo colpì di più, e che mi raccontò, era che, secondo le istruzioni, se le carte cadevano rovesciate (cioè con la parte bassa della figura che capitava in alto e viceversa) il loro significato diventava opposto. Così la morte, se compariva rovesciata, poteva significare vita. La torre che crolla, se rovesciata, poteva significare ricostruzione anziché distruzione.
Francesco iniziò a leggere le carte ad amici e amiche: indovinava sempre. Le lesse anche a me: era davvero in gamba. Tutti rimanevano meravigliati e ammettevano: Sono proprio io, oppure È successo proprio così, mi hai dato un ottimo consiglio. E tutti finivano immancabilmente per sentirsi tesi e nervosi quando si arrivava alle previsioni per il futuro. Quando Francesco leggeva le carte a una persona, parlava a lungo del suo passato, delle speranze per il futuro, della sua personalità, della situazione del momento e dei problemi più importanti. Faceva sempre riferimento alle carte. Diceva per esempio: Vedi, qui c’è la torre che sta crollando. Ed è capitata nel settore che riguarda la tua situazione attuale. Significa che questo per te è un periodo di crisi, di crollo; c’è qualcosa che stai perdendo, qualcosa che sta scomparendo…. Alla fine chiedeva al suo (per così dire) cliente: Quanto ti ritrovi nella descrizione di queste carte? Da 1 a 100, quanto si sono avvicinate alla verità?. Le risposte erano lusinghiere e andavano da 70 a 100.
Fu a questo punto che Francesco ebbe l’idea di rigirare il basso con l’alto di tutte le carte, rileggiendone il significato. Scoprì così una cosa incredibile. È questo l’esperimento dei tarocchi rovesciati. Rivoltando l’alto con il basso di tutte le carte, e lasciando inalterate le rispettive posizioni sul tavolo, ogni singola carta avrebbe detto l’esatto opposto di quanto stava dicendo un attimo prima. L’esatto opposto nel passato, nel futuro, nella personalità, nei problemi e in tutto il resto. Francesco ricominciava a leggerle: Vedi, qui c’è la torre che sta crollando, ma adesso è rovesciata. È sempre nel settore che riguarda la tua situazione attuale: significa che questo per te è un periodo di rinnovamento, di ricostruzione; c’è qualcosa di nuovo che stai sperimentando, una fase di rinascita….
Ci credereste? Alla fine la persona vaticinata si trovava descritta correttamente di nuovo con un punteggio fra 70 e 100.
Com’è possibile?
Provate voi stessi a fare questo esperimento e vedrete che otterrete dei buoni risultati. La spiegazione del meccanismo che per porta i tarocchi a non sbagliare mai è semplice: è lo stesso sistema utilizzato dall’astrologia per fare gli oroscopi. Ecco schematicamente i punti principali.
- Le affermazioni fatte vanno bene per tutti, perché sono molto vaghe e quindi adattabili.
- La vaghezza non viene percepita da chi ascolta, così le frasi si riempiono di significati precisi, tutt’altro che vaghi.
- Il cliente seleziona le cose che più lo hanno colpito e tende a dimenticare tutte le altre.
- Alla fine nella memoria si forma un racconto ben strutturato, nel quale le descrizioni sono state tutte precise e incredibilmente azzeccate.
Prendiamo un caso concreto. Dire a qualcuno: Hai un progetto a cui tieni molto, ma vedo che c’è un ostacolo. Si tratta forse di un’altra persona, di qualcuno che non è dalla tua parte, è un esempio di frase che va bene per tutti. Chi non ha, in ogni momento della sua vita, almeno un progetto a cui tiene molto? Chi, avendo un progetto a cui tiene, non vede qualche ostacolo alla sua realizzazione? Questa frase è priva di contenuto, è una scatola vuota. Il contenuto, il significato, viene messo dalla persona che ascolta, secondo la propria particolare situazione. Così il progetto potrà essere, di volta in volta: la promozione a scuola, l’amore di un’altra persona, un lavoro interessante, un qualsiasi progetto importante. L’ostacolo di volta in volta potrà essere: la professoressa di matematica o di inglese, un possibile rivale, una persona che riteniamo contro di noi e molte altre cose ancora.
Il cliente, ovviamente, non se ne sta zitto per un’ora. Si tratta di lui e del suo futuro: comincerà presto a dare segnali e a chiedere e dire cose che riguardano la sua situazione concreta, riempendo di significato i contenitori vuoti esperessi dal cartomante. Il lettore dei tarocchi, allora, potrà affinare il discorso, precisare meglio cosa intendono dire le carte; scioglierà i dubbi e adatterà tutto alla perfezione. Fra le tante frasi sentite, il cliente sarà colpito solo da quelle che più si avvicinano alla sua situazione, nella memoria selezionerà e ricorderà specialmente quelle più indovinate. Inoltre, elaborerà le informazioni e colmerà le varie lacune, deformerà e adatterà il tutto per avere un quadro completo e per lui significativo. Così racconterà agli amici una storia ben strutturata, precisa, che metterà in risalto gli incredibili poteri dei tarocchi per conoscere il futuro e capire se stessi. In questo modo, nelle testimonianze che seguiranno, il cartomante avrà detto con estrema precisione delle cose che non poteva assolutamente sapere.
Gli studi di psicologia della percezione, che si occupano dei meccanismi con cui si formano i ricordi, mostrano che questi processi di adattamento e selezione sono propri del funzionamento della mente e della memoria umane. Se poi aggiungiamo il caso di maghi che si informano sui loro clienti prima di riceverli… be’, è davvero molto facile dire cose strabilianti.
Per la cronaca: Francesco, dopo aver fatto gli esperimenti dei tarocchi rovesciati pensava che le persone dicessero: Ah, ma allora funziona sempre! Tutto e il contrario di tutto va comunque sempre bene. Ci hai presi in giro, la lettura delle carte è una baggianata!
Invece no. Dicevano piuttosto: Va bene, va bene, Francesco. Ho capito che tu non ci credi, che sei scettico, ma a me non importa: leggimi ancora una volta le carte, per favore, dimmi cosa devo fare…
Per essere lasciato in pace il buon Francesco dovette buttare via tutto, tarocchi e foglietto di istruzioni. Solo così è stato lasciato in pace dai suoi nuovi “clienti”…
Nota matematica
Per pura curiosità, anche se la mente vacilla, affrontiamo l’infinitesimo omeopatico più spinto: dieci alla meno due milioni. Quant’è 10-2.000.000? È ovviamente un 1 diviso da un numero fatto da un 1 con attaccati 2.000.000 (due milioni) di zeri. Ma se “un miliardesimo” corrisponde a un 1 diviso 1 con attaccati nove zeri (1/1.000.000.000), e “un miliardesimo di miliardesimo” corrisponde a un 1 diviso 1 con attaccati diciotto zeri (1/1.000.000.000.000.000.000), quanti miliardesimi di miliardesimi di miliardesimi eccetera è il numero 10-2.000.000? Si può dire a voce? Ecco il sistema: bisogna dire un “miliardesimo di miliardesimo di” per più di centoundicimila volte di seguito. Considerando che si impieghi 1,5 secondi a dire la frase “miliardesimo di miliardesimo di”, per pronunciare correttamente l’intero numero ci vogliono allora più di 46 ore. Senza fermarsi a respirare.